(Primitive Reaction) Ci hanno messo sedici anni per creare questo lavoro, i Diablerie, impegnati in un death/groove metal mostruosamente elettronico con pesanti influenze industriali. Il precedente album “Seraphyde” fu interessante e ben apprezzato, ma poi vennero solo un paio di EP… quasi un oblio, una fine. Ma “The Catalyst vol. 1: Control” inizia bene fin dal titolo il quale fa supporre una continuazione (si parla di una trilogia…), che a sua volta suggerisce una completa riattivazione del gelido quartetto electro-metal finlandese. Riff ed elettronica spinta: è questo il menù al quale la band di Henri Villberg resta fedele, il tutto dominato da un growl possente, feroce, in perfetto stile groove/death, riportando un po’ alla mente certe manifestazione artistiche tipiche degli anni ’90, anche se la componente elettronica qui è immensamente futuristica, spaziando spesso su ambient con tracce di psichedelico. Apre breve “Hexordium: The Final Realisation that You Don’t Matter”, quasi un intro, tranne per il fatto che è immediatamente devastante, nociva, crudele, super pompata e con un dettaglio importante: la componente base della band, ovvero le origini symphonic black, ci sono… ben amalgamate, decisamente ‘industrializzate’, ma ancora esplicite. “Selves” è groove death martellato da scariche elettrostatiche, arrivando a piccole parentesi di musica puramente elettronica, poi onnipresenti nel resto del lavoro. Violenza inaudita con “Rabid (Dogs of Church and State)”… ma c’è una ragione: canta Mika Luttinen degli efferati Impaled Nazarene. Salto verso il futuro digitale con “Wear My Crown”, ancora tracce symphonic black… con bordate quasi thrash (assolo compreso) sulla esplicita “Odium Generis Humani”. Parentesi strettamente electro-ambient, con suggerimenti new age sulla ipnotica strumentale “You Stop You Die”. Malattia industriale con “This Drastic Clique”, estremamente eccentrica “Osiris” mentre la lunga e conclusiva “I Am The Catalyst” è pura spiritualità digitale, decisamente lontana dal metal tranne per le fumose tinte oscure che la pervadono. Una band rinnovata, anche nella line up. Rinnovata nello spirito, nella voglia, negli esigenti obiettivi, come si deduce dall’idea della trilogia. Dalle origini ad ora la tecnologia è cambiata mostruosamente e l’elettronica a servizio delle bands è facile, reperibile, spesso abusata. Ma qui siamo in un concetto old school: i Diablerie usano ciò che l’era moderna può offrire, ma con una esperienza ed una radice stilistica quasi persa nei tempi. Loro ci sono arrivati prima di tanti altri… e sembra abbiano una mezza idea di impostare nuovi standard.
(Luca Zakk) Voto: 8/10