(Candlelight) Quando si parla di una band black metal è facile utilizzare una serie di aggettivi estremi per descriverne la musica, per gli Anaal Nathrakh invece vorrei usarne uno solo: intelligenti. Lo sono stati nell’approccio alla realizzazione di questo successore di “Passion”. Il black metal proposto dal duo di Birmingham ha tratti maggiormente blackened, blast beat spesso furiosi e tendenti al grindcore, melodie ben sviluppate e che sormontano qualsiasi passaggio nei pezzi, oltre ad una dose di elettronica che non serve a stravolgere, ma a rinforzare o sottolineare qualche spunto e creando anche degli scenari simil-industrial. Questo è “Vanitas”, cioè sono i Anaal Nathrakh di sempre e con il loro assalto diretto e impetuoso, ma non ottuso e fine a se stesso grazie ad un logico e praticamente costante sviluppo delle melodie. Un progresso netto nel sound è dato in “You Can’t Save Me, So Stop Fucking Trying”, micidiale congestione tra black metal e industrial, “Make Glorious the Embrace of Saturn” dove l’estetica hardcore si fonde con il black metal e tematiche sempre undustrial o comunque deformate dall’elettronica. Mentre l’accoppiata iniziale, “Pulvis et Umbra Sumus” e “In Coelo Quies. Tout Finis Ici Bas”, si portano nel DNA il tipico sound e la tradizione della band, “Forging Towards the Sunset” sono gli AN che riprendono tematiche e riff di old school death metal svedese. “Feeding the Beast” è sempre potente, ma c’è una furia sotterranea perché a dominare la scena è un’epica scossa da un caos sonoro generale. Personalmente ritengo che l’apice di “Vanitas” arrivi in “A Metaphor for the Dead” dove il blackened death metal viene implementato da frazioni di cyber metal e dall’intromissione del tema “Vesti la Giubba” dall’opera lirica di Ruggero Leoncavallo “Pagliacci”. Fa il suo effetto sentire V.I.T.R.I.O.L. cantare ” ridi, pagliaccio, sul tuo amore infranto! Ridi del duol, che t’avvelena il cor!”, mentre la musica intorno è il riassunto del miglior metal più moderno che possa esistere. Intelligenti, l’ho scritto dall’inizio e questo sono stati V.I.T.R.I.O.L. e Irrumator e lo sono per essere una band estrema che è riuscita a coinvolgere nella propria musica anche elementi moderni, qualche soluzione del passato o nei canoni del genere e aspetti nuovi e tecnologici. Il tutto è stato realizzato senza perdere un briciolo delle loro caratteristiche salienti, cioè riuscendo a spaventare immediatamente l’ascoltatore con la loro violenza sin dalle prime note.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10