(Noise Appeal Records) C’è qualcosa di più oscuro del blues? Si, c’è. E si chiama The Ghost and the Machine. Sorprendentemente dai territori teutonici, questa band (di origine austro-tedesca) fa base a Vienna ed è una rivelazione stilistica, un rivelazione di purezza stilistica e sincerità artistica travolgente. No, non c’è niente che possa essere defintio metal, tranne l’oscurità; ma qui si sono le radici spirituali, o l’evoluzione delle stesse, c’è tutto il percorso dalle origini fino ad oggi. Il blues è l’origine del rock ‘n’ roll e, quest’ultimo, rappresenta le fondamenta di tutto quello che è venuto dopo, quello che chiamiamo rock, quello che in una diramazione è diventato metal. Ma qui c’è una evoluzione, un ramo dell’albero genealogico del rock che si è evoluto dopo, ignorando ogni progressione stilistica e, soprattutto, ogni evoluzione temporale. “Red Rain Tires” è un ramo diverso che germoglia dalla radice del blues, seguendo qualcosa di diverso, di originale, di maledettamente oscuro. Qualcosa definito ‘post-blues’. Loro sono un trio: chitarra resofonica, contrabbasso e batteria. Oltre -ovviamente- alla voce e qualche occasionale armonica. Cosa fanno? Musica. Musica onesta, pura, poetica e libera da ogni contaminazione… tranne quella delle tenebre, in quanto ogni singola nota, ogni secondo delle nove tracce è privo di luce, di momenti luminosi, di accenti colorati. Qui domina un meraviglioso bianco e nero… una oscurità sferzata da un ipotetico vento secco del deserto, un deserto pregno di emozioni southern e country. “Red Rain Tires” è poesia dark; è musica minimalista ma ricca di un freddo calore. Brani come “Caroline”, “Passengers & Slave”o “Butterflies & Dust” catturano la mente, i sensi e le emozioni. C’è veramente poco da spiegare: è tutto da percepire, godere, ammirare… lasciatevi andare!
(Luca Zakk) Voto: 9/10