(Code 666) Molto, molto bello il quarto disco dei The Prophecy, fra gli ultimi emuli e continuatori fedeli di quell’ondata di atmospheric metal che sconvolse l’Inghilterra attorno alla metà degli anni ’90. In generale, a dire il vero, trovo che la definizione di semplice ‘doom’ data dall’etichetta stia stretta a questo disco: molti passaggi mi fanno pensare molto di più al post-rock o addirittura a sonorità vagamente gotiche. Oserei a questo punto un paragone: i The Prophecy potrebbero essere degli Anathema dell’età di mezzo (era “Eternity” – “Alternative 4”) condizionati dai My Dying Bride o perfino dai Portishead! Non so se è il caso di fare un track-by-track, le canzoni del resto sono soltanto cinque e, tranne “Reflections” che si attesta poco sotto i cinque minuti, tutte le altre superano i dieci; di certo “Salvation” è un disco che va ascoltato nel suo insieme, con il dovuto raccoglimento, data la larga prevalenza di passaggi acustici e decadenti, cui fanno da contrappunto pochi momenti di growling e durezza (soprattutto nella conclusiva “Redemption”). Qui e lì intervengono anche gli archi (come nei primi minuti della titletrack). L’episodio migliore? La struggente “In Silence”, il brano più ‘delicato’ e intimista. Un’esperienza affascinante e, a dispetto di quanto possa sembrare, neanche troppo ostica.
(Renato de Filippis) Voto: 8/10