(Nuclear Blast Records) I Suffocation sono unici. La loro musica provoca quella delicata intima sensazione di devastazione delle budella. Quell’idillico piacere si sentirsi imprigionati dentro una lavatrice in centrifuga, mentre rotola già dalle scale di un edificio alto trenta piani. Piacere che poi viene completamente riprodotto dal vivo, quando ci si ritrova in mezzo alla mischia, in mezzo al massacro. Sono ultra tecnici i Suffocation. Lezione di stile e precisione chirurgica, eccellente cinica brutalità, totale potenza sonora. Personaggi. Sul palco sembrano divertirsi più del pubblico. Terrance Hobbs, con la sua tecnica sublime, riffs massacranti, sweeps impossibili, sparati in sequenza a velocità sovrumana, quasi ai limiti della meccanica delle corde dello strumento. Derek Boyer, biondissimo bassista con dita che si muovono a velocità ultrasonica e quell’unica, esemplare, presenza on stage. E che dire del buon Frank Mullen? Immagine zero. Sembra quasi un tranquillo impiegato di banca che con un sorriso falso ti nega l’ennesima richiesta di prestito mentre tu sei veramente rovinato e pensi solo all’ultima decisione, il meritato suicidio. Quale perfetta sincronia! La morte per soffocamento nel mezzo di un pogo appare ideale mentre questo simpatico impiegato ti vomita addosso puro death metal con una voce sempre stabile tra il mostruoso aggressivo e l’infernale doloroso. Pioniere nello stile, maestro di tecnica, esempio di qualità di esibizione, uno dei cantanti death più demoniaci, il più chiaro in assoluto. Con individui come questi, cosa si può dire di questo settimo sigillo? Premesso che la loro vera dimensione è il palco, l’album è un altro esempio di cosa sia, o meglio di cosa dovrebbe essere il death metal. “Cycles of Suffering” apre il disco con una pedata sulle palle. Nemmeno un briciolo di introduzione, di fade-in, di qualsiasi cosa del genere. Pietà azzerata. Trattenere il respiro che arriva la mazzata. Riff complessi, passaggi complicati, progressioni assurde, valanga di suoni che travolgono senza sosta. “Purgatorial Punishment” per i Suffocation, probabilmente, è una ballad. Per noi mortali è roba per la quale serve il porto d’armi. Devastante. “Eminent Wrath” inizia un po’ dolcemente: qualcosa come dieci milioni di note per un assolo che riempie i primi venticinque secondi del pezzo, il quale segue torturando, sbranando, lacerando mentre quella sensazione di venir imprigionati in un frullatore diventa molto più di una semplice sensazione. “As Grace Descends” è un capolavoro: un killer riff creato per fare del male, molto male, mentre la sofferenza viene derisa da assoli assurdi e perfetti, con l’intera band che fa svergognare il resto della scena del genere con una palese dimostrazione di supremazia tecnica. La stessa tecnica proposta in esuberante abbondanza su pezzi come “Sullen Days”, l’accattivante “My Demise” e l’assurda “Inversion”. Ancora ossa che schiantano con “Rapture Of Revocation”: se la annunciano in uno show, è il caso di prepararsi per l’ortopedico. Ammesso e non concesso sia possibile rimettere in ordine ciò che rimarrà del vostro scheletro. La title track è un altro capolavoro, dove la fantastica registrazione dell’album viene messa in evidenza da assoli melodici e stacchi dove la pesantezza del suono è capace di scatenare terremoti, cataclismi, stragi. L’album finisce come inizia: con brutalità fino all’ultimo secondo di riproduzione. Dieci tracce. Solo trentotto minuti. “Solo”? Trentotto minuti di sconvolgimento fisico, di reinterpretazione dell’anatomia di tutti quei corpi sudati sotto il palco sono sufficienti. Più che sufficienti. Non serve nient’altro. Lezione di death metal chiara, esplicita, perfetta. Questa è la domanda e questa è anche la risposta. L’unica risposta. Ciò che serve è tutto qui, mentre il resto non merita più di esistere.
(Luca Zakk) Voto: 9/10