(Peaceville Records) Lo credereste? Il duo più spartano, misantropo e isolazionista del black metal ha raggiunto i trentadue anni di attività! Nocturno Culto e Fenriz pur non suonando concerti, non seguendo mode precise e direzioni di stile gradite dalle masse, nonostante un basso profilo nei media sociali e tutto quanto concerne l’esposizione in prima persona, oltre alla stessa comunicazione con i fan e la scena in generale, sono ancora qui. Esistono, come due rocce basaltiche che si ergono con fiera indifferenza verso il tutto. Sono l’Ayers Rock del black metal: per quanto possano cambiare tonalità di colori per via della luce che li tocca ogni giorno, restano una solida e svettante presenza. Da oltre quindici anni il black metal dei norvegesi è diventato un heavy-speed metal, invischiato col punk, forse ancora con il black metal, ma è essenzialmente diverso dal retaggio storico del duo e di quanto abbia fatto in album come “Transilvanian Hunger”, “Panzerfaust” o “Ravishing Grimness”. Eppure Noocturno Culto e Fenriz da qualche anno hanno smesso di suonare nel senso vero del termine, per esprimere qualcosa che è di base un concetto, un ragionamento. Che siano loro due a eseguire queste invettive che prendono dall’heavy della NWOBHM, dall’heavy metal degli anni ’80 suonato in Canada o negli USA, che sia l’heavy metal o lo speed metal suonato in Germania o in Europa decenni fa, che possa anche essere un cadente e decadente black metal dell’epopea dei Venom e affini, loro risultano ancora una volta essere se stessi pur suonando altro. I ritmi cadenzati e i rallentamenti che quasi fanno pensare al doom – per qualcuno, Darkthrone compresi, è doom, ma allora quel pesante rallentare a scalare le marce in “A Blaze in the Northern Sky” erano anch’essi doom? No, era comunque black metal? Ma allora mettiamoci d’accordo! – continuano a esistere anche in “Old Star”. L’album è costruito con riff pesanti, per quanto poi alcuni risultino fruibili come altri di “F.O.A.D.”. Lo stesso “Arctic Thunder”, il precedente full length della band, sembrava avere messo da parte delle scelte degli ultimi anni, con album gremiti di riff anche ‘easy’, perché no, fruibili, riportando invece il duo su registri più black metal del previsto. “Arctic Thunder” però ha espresso un modo di fare prevedibile nelle proprie direzioni, ma è difficile dirlo, nonostante una doppia recensione sull’album che pur provandoci, ancora non mette a fuoco il discorso. “Old Star” francamente è l’ennesimo tentativo, o piena libertà concettuale, da parte del duo di spogliarsi di tutti i preconcetti possibili, per andare diritto alle radici del proprio sound o, se preferite, della propria formazione musicale. I due isolazionisti del black metal recuperano gli ascolti di oggi e quelli di un tempo, in tal modo decidono di valorizzare questi ascolti e le passioni che suscitano e di rendere tutto questo la materia con la quale continuare a fare album a proprio piacimento. Nocturno Culto e Fenriz prendono a suonare, più lentamente o più velocemente, non ha importanza, ma solo attraverso riff definiti e reiterati fino alla noia. Fenriz ormai esegue un drumming asciutto, scorporato da ogni possibile eccesso o abbellimento di maniera. Anzi è ridotto all’indispensabile. Ted “Nocturno Culto” Skjellum ha il suo consueto tono roco e torvo e si appoggia su riff costruiti, smussati, calibrati su power chord d’ordinanza, per un heavy annerito, black, velocizzato, speed, cadenzato, doom… insomma è qualcosa che ci si aspetti o meno, viene sempre difficile prefigurare in anticipo per quanto poi risulti puntualmente riconoscibile.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10