(Everlasting Spew Records) Brutali, tecnici, veloci e laceranti. Tornano gli italiani Demiurgon, attivi con questo moniker da ormai cinque anni, ma -comprendendo la precedente incarnazione chiamata Hatred- si tratta di una realtà compatta, con line-up stabile ed attiva ormai da oltre quindici anni. La band vanta in formazione ben due elementi dei blacksters Darkend (prossimi alla pubblicazione del nuovo album per Dark Essence Records), ma annovera il virtuoso ed estremo Emanuele Ottani, oltre che il travolgente frontman, un assoluto uragano sia in studio che sul palco. La band ha sempre venerato il death metal americano (tra questi Immolation e Hate Eternal), ma si tratta di una base di partenza per evolvere sia tecnicamente che a livello di esaltazione di un groove massacrante, incessante, carnale e privo di pietà. Musicalmente la band inietta modernismi su strutture classiche del genere, senza tuttavia dar vita a qualche sottogenere deviato, moderno o alternativo del death metal più efferato e seminale, lasciando alla fine tecnica il compito di portare verso il prossimo livello l’intera struttura dei brani; i temi trattati sono autodistruzione da tutte le angolazioni, con una spietata iniezione di rabbia e conseguente senso di angoscia: quasi una interpretazione della devastazione umana anziché una fredda condanna emanata da un punto di vista esterno. Subito un assalto frontale con “Tsansas” (ovvero quei trofei rappresentati dalle famigerate teste rimpicciolite preparate dagli indigeni della Foresta Amazzonica). Nei riff selvaggi di “Kapalikas” emergono dei velocissimi ma geniali licks di chitarra assolutamente efficaci, mentre la violenza è scandita da cambi di tempo, intensi mid tempo ed un groove suggestivo sull’ottima “…Dèi Dimenticati“, brano che offre anche uno spazio ad assoli sferzanti e suggestivi. Oscura e molto tecnica “Il Culto Cannibale”, altrettanto contorta ed impattante “Profezia Di Una Specie Morente”. Meno veloce ma dannatamente infernale la title track, efferatezza espressa con chirurgica abilità su “Teatro del Coito”, prima dell’apocalittica e conclusiva “The Day Dawn Came Twice”. Death metal vecchia scuola in costante crescita, con una esecuzione cinica e glaciale, ma anche viscerale ed emozionale. Un death metal che diverte ed esalta mentre svela senza censure il lato putrefatto del mondo, della nostra specie, delle nostre perversioni ed azioni crudeli, le quali si rivoltano costantemente contro noi stessi, dando origine ad un circolo vizioso senza fine, una spirale di decadenza verso gli inferi più reconditi.
(Luca Zakk) Voto: 9/10