(No Dust Records) Mettendo da parte tutta la retorica commemorativa, si può affermare che questo album è semplicemente spaventoso. Appresa in quel giorno d’estate la triste notizia della scomparsa di Thomas Wouters, voce e una delle due chitarre della band olandese, è stato spontaneo poi riflettere su cosa sarebbe stato questo “Dreadlord”, album già pronto prima del luttuoso evento. Ebbene “Dreadlord” è forse la cosa migliore che i Bodyfarm abbiano mai fatto. Gli olandesi dal sound meno olandese che possa esistere, almeno da qualche anno a questa parte, impacchettano un album bello e perfetto. In tutto questo c’è ovviamente anche la mano e l’anima di Wouters. Nonostante un’apertura di totale black metal, i Bodyfarm scalano poi a quel death con ampie variazioni che caratterizzano la loro produzione negli ultimi anni. Se da una parte l’accoppiata ritmica e i riff marcano una pesantezza notevole, dall’altra l’architettura totale del songwriting è un melodic death metal che manco i mostri sacri di una volta riescono oggigiorno a ripetere. I Bodyfarm suonano parzialmente come una volta facevano svedesi e scandinavi o alcuni inglesi del death metal, ma gli olandesi lo fanno oggi, graffiando le corde dei loro strumenti, oltre a battere quelli che vanno battuti, nella maniera in cui negli anni ’90 certi album hanno entusiasmato generazioni. Se “Dreadlord” fosse stato pubblicato circa trent’anni fa, avrebbe schiantato molti. Esce nei giorni nostri, dopo un evento che certamente nessuno avrebbe voluto, ma concepito con la lucidità che non ti aspetti. La conclusione è che l’album è in grado di riassumere almeno dieci anni di death, blackened e metal quasi estremo, suonato con i crismi di una maturità eterna. Thomas Wouters non c’è più, ma quanto ha lasciato con il contributo degli altri della band, resta un segno scolpito nella roccia e nei cuori.
(Alberto Vitale) Voto: 8,5/10