(Indie Recordings) Davvero enigmatico. Strano. Quasi assurdo. I Norvegesi In Vain ritornano con il loro death metal progressivo ed avantgarde, e lo fanno con un disco ancora una volta complesso, elaborato, tecnico ma dannatamente chiaro, diretto, efficace. Un’ora di musica che affonda le basi su un death melodico che risente dell’influenza norvegese del black metal, dando origine a qualcosa di veramente speciale. Su questa base gli In Vain costruiscono concetti complessi, diversificati, includendo passaggi acustici, melodici, folkloristici, quasi sfiorando uno stile che mi ricorda gli Shining, non tanto per similarità musicale, ma proprio per la fantasia compositiva che accomuna queste due bands. I pezzi più lunghi e complessi si sviluppano attraverso percorsi musicali innovativi, i quali però, non perdono mai la componente dell’intrattenimento, regalando spunti fantastici agli ascoltatori più attenti, ma anche puro piacere musicale ad un ascolto meno concentrato. Ci sono dei pezzi assolutamente ben riusciti, come la conclusiva “Floating on the Murmuring Tide”, monumentale, complessa, lunga (9:17) e capace di integrare momenti estremamente violenti e sofferti, con attimi di apparente pace e tranquillità, evidenziati anche da un bellissimo sassofono. “Times Of Yore” è inquietante: il suo main riff decisamente orientato al blackned death metal, ma il pezzo evolve si con concetti decadenti che epici, integrando melodia e brutalità con sublime perfezione. “Culmination of the Enigma” integra nella sua violenza un intermezzo parlato (in norvegese) di assoluto effetto, il quale contribuisce a trascinare l’ascoltatore verso la direzione del pezzo che risulta essere un’assoluto capolavoro, così come risulta fantastica per ragioni simili l’epica “Hymne til Havet” dove il vasto uso di diverse voci fa si che il pezzo regali sensazioni stupende. Entusiasmanti le idee integrate nello svolgimento di “Rise Against”, altra canzone di totale effetto capace di integrare momenti folkloristici con un’assoluta brutalità. In aiuto a questi validissimi contenuti è accorsa la produzione curata da Jens Bogren (Opeth, Soilwork, Borknagar) la quale risulta semplicemente perfetta, e riesce a far risaltare in maniera ottimale il sound della band, garantendo all’ascoltatore un’esperienza ancora più profonda e completa. Il giudizio di una band come gli In Vain è sempre una cosa difficile e strettamente personale. Quando una band propone cose di tale complessità, il confronto con il passato viene fatto quasi automaticamente, mentre la critica punta sempre il dito su quella sottile linea che divide l’identificazione di uno stile e di una personalità artistica da un attenuamento della curva evolutiva. Le domande sono sempre le solite: si sono superati o hanno evitato di prendere dei rischi? Hanno perseverato su una linea di evoluzione creativa ad ogni costo, o hanno preferito rielaborare gli attuali e collaudati livelli compositivi? E’ solo tecnica o c’è un’anima in questo album? Domande che lascio volentieri senza risposte, senza le mie risposte, le quali non esistono. Domande che contrasto con una mia personale domanda: non è, per caso, possibile che gli In Vain abbiano semplicemente creato un disco stupendo, da godere nella sua completezza, capace di trasmettere emozioni e sensazioni? La critica a tutti i costi è deleteria. Abbandonatevi, e vorrei enfatizzare il concetto di abbandono, all’ascolto di “Ænigma”. Assorbitene le vibrazioni, le emozioni. Fatelo vostro. Respiratelo, inalatelo, fatelo circolare nelle vene. Le risposte verranno da sole.
(Luca Zakk) Voto: 8/10