(Pitch Black Records) Mi sono perso “Civilizator”, del 2016, ma ho avuto modo di recensire “Zerstörer”, del 2012, e “Dragon Inferno”, del 2014; e posso dire quindi di conoscere abbastanza bene gli Holy Dragons, questi pazzi scatenati provenienti dal Kazakistan e autori di una musica caotica, vitale e a tratti bizzarra. La lunga “The Boilerplate (The Story of a Victorian Robot)” si apre su una intro strumentale prima di chitarra e poi di organi, quindi il brano è una tirata heavy/power equamente divisa fra accelerazioni e rallentamenti, ma con una registrazione deficitaria (soprattutto per la batteria – come del resto avveniva pure nei dischi precedenti…). “Ravens of Odin” ha invece chiari caratteri progressive, mentre la serrata “Schweigespirale (The Spiral of Silence)” sembra un brano dei primissimi Blind Guardian. “The Hall of Shame” è un blues rock impazzito; speed e tempi disparsi per la peculiare “Three greatest Pigs”, molto, molto sopra le righe. “Pretenders” punta all’ironia degli Helloween delle origini, mentre “The Elf” è dedicata all’immortale spirito di Ronnie James Dio. “Free digital Hell” chiude il disco come un mantra costituito dal titolo. Fra minimi passaggi a vuoto e tanti centri, gli Holy Dragons restano una formazione davvero interessante e sui generis in un panorama spesso considerato come statico.
(René Urkus) Voto: 7,5/10