(Aural Music) Gli americani Botanist sono una entità strana. Attivi ormai da dieci anni, con altrettante pubblicazioni (split ed EP compresi), compongono musica tendenzialmente senza chitarre (tranne il basso) ed offrendo un suono prodotto da strumenti come la cetra, spesso distorta, oltre all’ovvia batteria visto e considerato che il genere per quanto strano è e rimane nell’ambito del black metal, con linee vocali strazianti o corali ed un drumming intenso. Tuttavia c’è sempre una generale atmosfera celestiale, anche se spesso drammatica, grazie sicuramente al tipo di strumenti a corde scelti, ma nono solo: certo, si può parlare di black avantgarde o di black progressivo ma, secondo la definizione della band, la musica è ‘green metal’, in quanto le tematiche trattate sono palesemente ecologiche, cosa tra l’altro suggerita dal titolo di questo ultimo lavoro. I brani sono ricchi di dramma, a volte con senso mistico, oppure trionfale, ma sempre e comunque tendenti a sonorità principalmente tirate e violente. “Ecosystem” vuole essere un concept che parla dell’impatto umano sull’ambiente e, in questo caso, concentrandosi sulle condizioni ecologiche delle Redwood Forest degli Stati Uniti. Grazie ai suoni, il punto di vista del “The Botanist”, ovvero la creatura immaginaria che si celerebbe dietro al progetto, è ottimista e positiva nei confronti della natura, la quale prima o poi tornerà a riconquistare ciò che le è stato tolto per mano dell’uomo, con ovvie conseguenze per la civiltà umana stessa… concetto che in qualche modo ritorna su certi ideali pregni di misantropia, riconducibili a molte visoni del genere black metal. Coinvolgente e spirituale “Alluvial”, sconvolgente “Harvestman”, solenne “Sphagnum”, oscura e misteriosa “Acclimation”, ambientale e con linee vocali dal gusto paradisiaco “Abiotic”, prima della cristallina e conclusiva “Red Crown”. Musicalmente l’album è tanto complesso quanto intrigante, tanto provocante quando stupefacente. Certo, la complessità è immensa, non per tutti, ma ascolto dopo ascolto si impara ad apprezzare la scelta originale degli strumenti, ammirando un drumming non tecnico ma fantasioso e delle linee di basso che per accostamento dei suoni qui risaltano contribuendo ad un suono organico molto suggestivo.
(Luca Zakk) Voto: 7,5/10