(20 Buck Spin) Terza alba che sorge dietro le rovine del castello degli americani Obsequiae, portando luce, ma anche tenebre, portando speranza ma anche devastazione. Racconti eroici, inni pieni di forza provenienti altre epoche, grandezza ed avventura coronate da gloria e disfatta. Stupendi riff, linee di basso contorte, cori, divagazioni con strumenti etnici, melodie sublimi e sempre ricche di potenza, un growl che sembra l’urlo di un fiero guerriero sul campo di battaglia. Un black metal pregno di eroismo, esaltazione per le gesta, per i valorosi, per gli indomabili: sembra quasi un violento racconto fantasy/epico questo album, il quale attraverso dodici capitoli conduce il lettore lungo un cammino costellato di magia, forza, sangue, vittoria, fede e giuramento, un giuramento pieno di dignità, un giuramento sulla vita stessa verso una meritata immortalità. Un album che fonda ancora una volta le radici nelle arti e nelle vicende del medioevo, cosa non scontata per un a band americana, tra l’altro composta dal master mind (il fondatore Tanner Anderson, voce e chitarre), un batterista (Eoghan McCloskey) e… lo spagnolo Vicente La Camera Mariño, impegnato in modo suggestivo con l’arpa medievale. Introduzione che immerge immediatamente l’ascoltatore nell’epoca con “L’autrier M’en Aloie”, poi seguita da “Ceres In Emerald Stream”, brano che rivela la qualità del suono e la vasta eterogeneità stilistica di questo album, di questa band. Travolgente “In The Garden Of Hyacinths”, brano che -tra le altre cose- regala un ottimo drumming. Malinconia intima con lo strumentale “Palästinalied”, mentre la title track è impattante, dominata da una chitarra melodica che può scatenare l’invidia di molte band power metal, con cori supportati da ritmiche decisamente non scontate. Poderosa “Morrígan”. Ancora strumentali basati sull’arpa medioevale con “Per Tropo Fede” e “Quant Voi La Flor Novele”. Drammatica e più vicina al melodic death scandinavo “Lone Isle”, favolosa la chitarra solista su “Asleep In The Bracken”, bellissime le radici old-school black metal dell’ottima “Emanations Before The Pythia”, prima della piacevolmente lasciva e sensuale strumentale, nonché conclusiva, “In Hoc Anni Circulo”. Suoni perfetti, esaltanti e curati per trasmettere il messaggio e le sensazioni di ogni singolo punto del brano, dell’album stesso. Un fantastico blend musicale: sonorità black metal che sfugge verso il folk, con strutture musicali a cavallo tra il genere estremo, i virtuosismi e la musica medioevale, in un ciclo continuo, un rincorrersi di impostazioni teatrali che subentrano l’una all’altra in maniera sempre sorprendente ed avvincente!
(Luca Zakk) Voto: 9/10