(Century Media) I Naglfar meritano solo insulti. Offese pesanti. Come diavolo possono lasciarci soli, privati delle loro consuete tematiche di ‘morte e distruzione’ (cit.) per ben otto maledetti anni dal precedente? Tanto tempo è infatti trascorso dal precedente “Téras” (recensione qui)! Diamine, in otto anni è cambiato il millennio, sono emerse pandemie, s’è capovolto il mondo, s’è sconvolto lo scenario sociale, politico ed economico. E loro? Dove si erano cacciati? Non lo so, non lo voglio sapere, ma per fortuna ora, nel momento del massimo bisogno, eccoli tornare, all’improvviso, con brutalità, con violenza, con dannata oscurità: con il loro black metal imperversa, così svedese, così marchiato a fuoco con l’ormai inconfondibile stile dei Naglfar! Settimo album. Settimo sigillo. Settimo peccato capitale: la title track provoca in maniera indicibile! Tentazione senza ritegno, senza rispetto, senza contegno, con un groove pregno di malvagità ed un potenza massacrante. Il motivo di “Horns” ti trapana il cranio installando all’interno una batterio impossibile da sopprimere, mentre un drumming superlativo esalta il brano a livelli… perversamente paradisiaci! Ancora perversione trasformata in culto deviato su ”Like Poison for the Soul”, brano che iniezioni melodiche di caratura divina. Superlativa “Vortex of Negativity”, con i suoi suoni che fendono i timpani. ”Cry of the Serafim” stende con mid tempo isterici, ”The Dagger in Creation” è puro black svedese con assoli superbi, poi ”A Sanguine Tide Unleashed” segue a ruota, iniettando delizie di matrice death/thrash. Epica ”Necronaut”, mentre la conclusiva “Last Breath of Yggdrasil” esalta, stimola, scatena e conduce direttamente verso inferi dal sapore freddamente pagano. Otto fottuti anni. Ma ne è valsa la pena. Hail Naglfar! Hail death and decadence. Hail “Cerecloth”!
(Luca Zakk) Voto: 9/10