(Iron Bonhead Productions) Il decimo album in studio dei Black Funeral è intitolato alla divinità mesopotamica Lamashtu e votato a lei quanto ad altri suoi pari. ‘Il flagello di Lamashtu’ è infatti composto da sette pezzi nei quali per ognuno di essi, gli statunitensi si rivolgono a figure mitologiche appunto delle civiltà mesopotamiche come Nergal, Pazuzu, Lilith, Lilû , le entità Utukku, oppure a rituali antichi di esorcismo come “Gidim Hul”. Il canonico black metal dei texani è presentato con una registrazione opaca, ‘ignorante’. Suoni ammassati, poco nitidi, tappati, eppure tali da creare atmosfere oscure ed epiche. I Black Funeral non sviluppano in maniera fluida le composizioni, ma la fiumana che si riversa sull’ascoltatore è percorsa da melodie mutevoli. Il drumming è poderoso, quanto però penalizzato dalla produzione. Numerosi gli intermezzi ambient e atmospheric tra i pezzi, oltre a fasi funeral-black nelle quali i cultori del vampirismo, occultismo e mitologie antiche, ampliano il perimetro del proprio songwriting. Eternamente grezzi, ossessivamente e cinicamente legati a un’immagine che cerca sia il mistero, sia l’anticonformismo, quanto il riproporre miti e culti dei tempi antichi, i Black Funeral restano un baluardo del black metal crudo, diretto e sacrificandolo a realtà antiche e maledette.
(Alberto Vitale) Voto: 7/10