(Rise Above Records) Un profeta oscuro che incide su una grottesca pietra tombale i suoi dieci maledetti comandamenti. “The Last Spire”: il decimo comandamento. L’ultimo. La profezia è completa. La legge per i fedeli è stata scritta. Così sia. I Cathedral sono una delle bands più grandi del mondo. Capostipite di un genere, il doom, sono un esempio totale ed assoluto. Capaci di intrecciare metal, doom, e sonorità di altre epoche, hanno indubbiamente firmato un’epoca che è durata oltre vent’anni. Ho avuto l’onore di vedere due volte questa band dal vivo. Una volta in uno schifoso locale, serata della chiusura definitiva (premonizione?)… locale effettivamente già chiuso. Ricordo il freddo. Ricordo quella cazzo di colonna di cemento in mezzo al palco. Ricordo Dorian che imprecava, cavo del microfono che si attorcigliava. “Mi uccido con questo”, ha dichiarato. Pochissima gente quella sera. Grande performance, ma tristezza immensa. Leggevo negli occhi di Dorian il disappunto. Forse la decisione stava già maturando. La seconda volta li vidi come opener per i Dragonforce. Con tutto il rispetto che posso portare ai Dragonforce, grande band di ottimi musicisti, ritengo un’offesa far aprire ad una band storica come i Cathedral. Inoltre il promoter che ha messo insieme le due band, merita di bruciare in uno dei roghi per streghe tanto cari ai Cathedral. Ovviamente il pubblico dei Dragonforce arriva tardi. A nessuno interessa i Cathedral. Il doom è roba vecchia. Ero sotto il palco. Ricordo ancora una volta lo sguardo pieno di disappunto di Dorian. 2013_ Ora è finita. Questo è il loro addio. Il loro testamento. E si tratta di un capolavoro! E’ triste digerire: una band così valida non dovrebbe spegnersi. Credo non lo accetterò mai. Con “The Last Spire” si torna alle origini. Si torna ai suoni potenti. E si torna alla creatività estrema. E’ quasi impossibile descrivere cosa sia possibile trovare dentro questo album. Doom asfissiante. Riff con un groove mostruoso. Dorian che canta con una voce grandiosa come non mai. Il funerale dell’Hammond, un invito al lutto indotto dalla maestosa “An Observation”, pezzo oscenamente lento e pesante che verso la metà si impenna, e sperimenta tutta l’essenza anni ’70, componente dalla quale i Cathedral hanno sempre tratto ispirazione. Un assolo di Jennings fantastico, dolce, vellutato su “Pallbearer”, assolo circondato da doom di qualità infinita. Chitarre devastanti e ritmo ossessivamente grezzo su “Cathedral Of The Damned”. Un invito agli inferi con la lunga ed imponente introduzione, “Entrance To Hell”. La fine dei Cathedral è una sentenza auto-inflitta che porta l’inquietante titolo “This Body, Thy Tomb”. Questo corpo, la tua tomba. Il corpo senza più vita di una grande band ed una tomba. La nostra. Una tomba che ci imprigiona. Una tomba sulla quale versare lacrime, sulla quale deporre fiori recisi, anch’essi agonizzanti e diretti verso una morte molto vicina. La sentenza finale è un capolavoro nel capolavoro. Ancora una volta il pezzo doom, cambia direzione verso la metà. In questo caso diventa ambientale, suoni rilassanti, pace dei sensi, fine delle speranze, eterno silenzio. Fino alla rinascita, malefica fenice che risorge assetata di sangue, con un grand-finale annientato da riff poderosi, riff grandiosi, riff che solo i Cathedral sanno proporre a modo loro, con uno stile unico. Ironica e perversa la breve traccia che introduce la canzone conclusiva: si intitola “The Last Laugh” (L’ultima risata). Si sentono risate di diverse persone, le quali si fondono in una cacofonia di suoni infernali, terrificanti. I Cathedral ridono. Il genio che li contraddistingue non muore. Ma rimane con loro, oscuro segreto custodito da un deforme mago eremita in qualche foresta sperduta. Loro ridono. Io piango. Vedete, credo che la morte di un grande musicista sia certamente una tristezza, ma chiude un cerchio naturale. La sua musica rimane immortale, e non può avere seguito. Ultima pagina di un libro contorto. Ma la fine di una band composta da musicisti in piena forma è terribile. Ogni giorno vivremo con la consapevolezza che questa sorgente di creatività è rinchiusa, trattenuta, incatenata. Segregata. Vivremo con la certezza che questa musica potrebbe avere ancora seguito. Vivremo nella dannazione. E nel frattempo qualcuno continua a ridere…
(Luca Zakk) Voto: 9,5/10