(Psychonaut Records) E’ un piacere contribuire alla fama di questo album, e spero che se ne faccia tanta, anche perché è arrivato in redazione direttamente per mano della band. “Afterwords” è davvero un bell’album e i The Gathering si dimostrano in uno stadio evolutivo ben avanzato, anche se include canzoni rifatte e presenti nell’EP “Afterlights” e altrove. Lontanissimi i tempi del doom e proiettati in dimensioni eteree, melodiche ed altamente musicali, i The Gathering aggiungono una nuova stella alla personale costellazione che è la loro luminosa discografia. Un lavoro affascinante, denso di atmosfere delle più intense e armoniose che si possano udire. Un miscuglio di atmospheric rock e dunque di psichedelia ed elettonica che si mescolano con sapienza e senza mai lasciar pendere l’album troppo da una parte o dall’altra. L’iniziale “S.I.B.A.L.D.” per quanto graziosa e rarefatta ti lascia pensare che arrivino copiose atmosfere tra Pink Floyd e chissà cos’altro di simile, ma la seguente “Echoes Keep Growing” in quasi 7′ dimostra l’evoluzione, il coronamento tra la voce di Silje Wergeland e l’esile elettronica e l’assordante entrée di chitarre e basso nella seconda metà del pezzo e il tutto per dare universalità ad una composizione che sa essere carezzevole e dura. “Afterlights” invece è solo atmosfera, solo ambient suonato, non freddo e digitale e che sembra l’avvento del mattino tradotto in musica. L’elettronica c’è, l’ho già scritto, ma non domina, è semplicemente un altro elemento come sa esserlo il comparto vocale, la abtteria, le percussioni e tutto il resto. Sound evoluto, che si traduce in rock, melodie etniche, in dilatazioni ambient e alla fine riescono ad essere anche piacevoli i momenti electro pop-rock (“Areas” e non solo). I The Gathering riprendono anche gloriose essenze folk, ma stravolte e trasfigurate attraverso sonorità nuove come in “Tunning In, Fading Out”. Un gesto che non è nuovo nel songwriting della band, vedi l’album “Nighttime Birds” ad esempio. La chiusura è lasciata agli oltre 8′ di “Bärenfels”, un momento di catarsi in cui si sommano generi, ma anche realtà, fantasmi, riflessioni, ricordi. Un qualcosa di indecifrabile. Come un calcolo su forze sovrannaturali, ecco che gli Olandesi ritrovano il numero perfetto, la giusta logica di un sound che sa essere più cose e che vuole smarcarsi da definizioni e paragoni. Un capolavoro insomma.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10