(Candlelight Records) Signore e signori permettetemi di confessare che Ihsahn non mi è mai stato simpatico. Sensazione a pelle, oviamente. Né prima negli Emperor e neppure dopo, anzi da solista ha dato sfogo massimo alla sua “megalomania”. Virgolette perché vorrei che leggeste l’attributo come “genialità”. Ihsahn è un buon musicista e le sue continue idee sono sempre state totalizzanti e poi accentratrici nella fase finale degli Emperor. Purtroppo ho perso di vista l’artista dopo “The Adversary” e “After”, credo di non aver mai ascoltato “angL” ed “Eremita”. Permettetemi dunque di scriverlo, perché solo così forse il mio pezzo su “Das Seelenbrechen”, nuovo album del Norvegese, potrà sinceramente mostrare quanto ho ammirato questa nuova opera. “Das Seelenbrechen” è forse la summa, lo zenit, il massimo splendore compositivo che Ihsahn è riuscito a tirare fuori da quando compone musica. Di sicuro la migliore cosa che abbia fatto da solista. Questo nuovo album rappresenta il culmine di una serie di architetture musicali da sempre care all’autore. La magnificenza di questo architetto sonoro dell’ultimo periodo Emperor e di quello solista si ode dall’iniziale “Hiber”. Le soluzioni orchestrali, pompose, si innestano nel metal e proseguono ovunque, ma c’è dell’altro. “Hegen” è voce, pianoforte e batteria (Tobias Ørnes Andersen) e una pesante orchestrazione successiva da brividi. “NaCl” quasi ti fa pensare ad un miscuglio tra King Crimson e Porcupine Tree. “Pulse” gioca di nuovo con voce e pianoforte/tastiera, per un soft drum ‘n bass che non ti aspetti e che si evolve in sinfonia e poi rock languido e tanto ancora. Elettronica plasmabile. “Tacit” e “Tacit 2” sono il più fantasioso metal orchestrale, crossover, rumorista e istrionico che si sia mai sentito, ma è Ihsahn puro. Solo lui poteva concepire quei fiati, quell’orchestrazione e tutto è di suo pugno, si sente e si riconosce. “Rec” riporta le coordinate verso il minimalismo. E’ post-rock/rock-ambient, ma di nuovo c’è quel sussulto, quell’idea progressive e schizzata che ripensi ai King Crimson e forse anche EL&P. “M” inizia con subdola tensione, poi ecco che esplode una chitarra lisergica, in uno scenario che mi ha ricordato il Gilmour solista. “Sub-Ater” è un arpeggio che si dilunga su synth e suoni. Altro ambient post-rock e “see” che chiude questo album sembra essere la naturale coda e parte di questo trittico appena menzionato e posto a chiusura della track-list. Un album “enorme”, per quantità di idee, per strutture elaborate, sfumature e tante poi. A volte composizioni di tipo progressive e fantasiose si richiudono su se stesse, mentre in questo caso “Das Seelenbrechen” pare proprio espandersi, allargarsi su più piani.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10