(Nuclear Blast) Quello che rappresenta stilisticamente il nuovo album dei Kataklysm, penso possa essere espresso dall’incipit dell’opener “Fire”, il quale è un refrain di chitarra sinistro e freddo come nella migliore tradizione dei Dismember o comunque dell’arcaico death metal svedese dei primi anni ’90, ma di scuola Stoccolma. La band canadese nasce nei primi anni di quel decennio e verso quella metà ha piazzato due buoni album d’esordio che hanno fatto conoscere la band di Maurizio Iacono. Il melodic death metal (all’inizio della carriera era ben meno “melodic”) dei Kataklysm è sempre stato robusto ma fluente e denso di melodie. Quest’ultime sono a tinte cupe, tetre, orride. Il sound dei Kataklysm è quello di sempre e forse è questo il limite oggettivo della band, la quale probabilmente non è mai decollata del tutto perché nonostante una progressione di album di qualità, questi nella sostanza non hanno poi mai permesso alla band di imporsi, di essere un grosso nome del settore. Forse è successo perché i Kataklysm come stile hanno l’aria degli ultimi arrivati, cioè portatori di sonorità e schemi già conosciuti, noti, usati e abusati. Magari già da loro stessi. “Waiting for the End to Come” è piacevole, a mio giudizio, ma lo è per me che adoro questo versante del death metal più morbido che sa esercitare sfumature robuste, muscolari, senza troppi orpelli, senza laccature, senza quei giri polifonici stucchevoli. Insomma, adoro il death metal che di “death” lo sia nella sostanza. Su questo i Kataklysm sono una buona espressione, in linea con una tradizione, ma non posso far finta che non vi sia un riprendere modelli e soluzioni già sentiti a dismisura e non solo perché sono appunto parte di una tradizione, di un modo di fare death metal, ma soprattutto perché già utilizzati dai Canadesi. ” Waiting for the End to Come” è un album che tuttavia non potrebbero farlo gente che suona da tre anni: in questo lavoro si sente l’esperienza, l’affinamento e il potenziale artistico di musicisti rodati. Sono tre quarti d’ora serrati, senza respiro e mi sembra anche con pochi cali di tensione. Ciò che mi lascia perplesso è se valutare questo album come una sana ed onesta,oltre che dignitosa, voglia di suonare un ben definito tipo di death metal oppure se questo è l’espressione di una visione compositiva che non vuol cambiare. Tale discorso andrebbe applicato a molti autori che ogni giorno debbo ascoltare, anche se i Kataklysm non sono mai (e sovverto il discorso precedente e non per incoerenza) gli ultimi arrivati. In fin dei conti mi devo ridurre a valutare l’album, pur pensandolo come un segmento di un percorso, il quale è la discografia di una band che di segmenti ne conta ben undici. Dunque per la carriera pongo un mezzo voto in più. Poco? beh, almeno tiro fuori “Waiting for the End to Come” dalla sufficienza, ma è chiaro che da un combo del genere qualcosa di più è sempre legittimo aspettarsi.
(Alberto Vitale) Voto: 6,5/10