(Debemur Morti Productions / Audioglobe) Se c’è una cosa che non sopporto nell’industria discografica, grande, piccola o underground che possa essere, sono le raccolte fatte ‘a cazzo’. Non mi piace usare le parolacce nelle recensioni, ma almeno si capirà il mio sdegno. Non so chi abbia ideato l’antologia “Teeth, Toes and Other Trinkets”, la band, la Debemur Morti (etichetta per altro con proposte sempre particolari, interessanti e spesso di ottima qualità) o chiunque abbia dato l’input per mettere in commercio questa release. “Teeth, Toes and Other Trinkets” comprende undici tracce inedite dei Manes e già sul termine inedito avrei molto da dire, ma sorvoliamo, per il momento. I pezzi arrivano dal periodo 2003-2007, ovvero tra “Vilosophe” e “How the World Came to an End”. Ora si da il caso che figuri anche un pezzo live e parlare di ‘inediti’ quando si pubblica un brano già noto e nella sua versione live (una delle tante) sa proprio di presa per i fondelli (si, ‘il culo’, volevo intendere quello). Inoltre ci sono dei remix, i quali, a mio avviso, sono sempre dei potenziali riempitivi o cose fatte per rimpolpare singoli o previste release collaterali agli album. Quindi su undici pezzi ci sono delle cose francamente poco eclatanti. Anche se ho apprezzato “Diving With Your Hands Bound (Nearly Flying)”, registrata da una jam session. Chiaramente restano poi un lotto di canzoni, tra le quali spunta “Blanket of Ashes”, opener dell’antologia e anteprima di “Be All End All”, il prossimo album annunciato l’estate e ancora inedito. Lungi da me la voglia di fare a forza fare polemica, ma nei quattro anni che separano i due album succitati, viene difficile pensare che la band norvegese abbia messo da parte solo queste poche cose. Quindi, visto che fate una raccolta, fate qualcosa di più organico e completo. Qualcosa di veramente succulento. Magari realmente i Manes non hanno molto da parte, ma è possibile spiegare perché se loro annunciano in estate l’album “Be All End All”, si lanciano poi in una nuova compilation, visto che negli ultimi sette anni tolti uno split e un EP, sono stati costellati da ben tre compilation? Questa è la quarta, montata con un clima molto elettronico, drum ‘n bass, una specie di trip hop, ambient e cose del genere. Molto di più del precedente “How the World Came to an End”. Stanno preparando i fans ad una nuova direzione artistica? Dubito, “Blanket of Ashes”, non sembra avere questa direzione. E’ molto dark e meno eterea di certe cose presenti in questa raccolta. I CD costano troppo, e se costano poco ci sono tantissime uscite da dover seguire e questo è uno sforzo economico per un ascoltatore medio (come lo sono io, non so voi e il vostro potenziale economico) notevole. In sette anni i Manes hanno già proposto cose che servivano solo a non dimenticare il loro nome e serve a poco inserire ogni volta delle tracce esclusive o mai udite prima, in mezzo ad altre note o scartate o rattoppate. E’ una release per i fans o al massimo per qualcuno che ama certe sonorità, ma sarebbe comunque già troppo. Oltretutto e qui sta l’aggravante artistica, ci sono dei brani che da una band inizialmente black metal e che ha poi seguito un rispettevole percorso evolutivo, sono un insieme di cose scontate e prive di idee o pasticciate. Io aspetto l’album che verrà.
(Alberto Vitale) Voto: 5,5/10