(Nuclear Blast Records) Decimo blasfemo comandamento. Cinque anni di abbandono, senza guida, cinque anni dopo l’evangelizzazione. Il leader Nergal ha dovuto combatter demoni molto potenti, ma nonostante tutto, nonostante l’attesa, ecco il ritorno della band che simboleggia la musica estrema polacca. Tornano i Behemoth, e torna satana. Non ho mai capito perché siano sempre stati definiti “Death Metal” o “Blackned Death Metal”; mi chiedo: ma qualcuno li ha mai veramente sentiti? Qualcuno ha mai letto veramente i testi? Beh, ora il compito è facile, il loro sito nella sezione “Liber Satanist” li propone chiaramente (il download digitale ha il tragico problema di non includere il booklet…). Questo non è semplice death o derivato: io ritengo di essere davanti, con immenso e sublime piacere, ad un album black metal, con suoni furiosi, imponenti sezioni riflessive piene di oscurità e negatività, con testi che inneggiano l’innominabile e che consegnano a Sua Oscenità i brandelli decomposti delle nostre peccaminose anime. “The Satanist” è un album meraviglioso, perverso, osceno, violento, spietato. Capace di proporre i Behemoth nella versione violenta, ma anche melodica, atmosferica… un una dose di tecnica esecutiva e compositiva infinita, sicuramente maturata in questi oltre vent’anni di esperienza. Oscurità, odio, satanismo e tecnica: un mix immondo che da origine ad una liturgia degli inferi della durata di tre quarti d’ora (nove tracce). La opener “Blow Your Trumpets Gabriel” è gloriosa, con un testo estremamente poetico ma oscenamente estremista. Un pezzo che svela “i nuovi Behemoth”, capaci di creare scenari dipinti di nero impenetrabile senza per forza ricorrere a tempi estremi, blast beats incessanti. La componente gloriosa di questo pezzo è fantastica, certe orchestrazioni sono perfette e la negatività e l’odio della canzone vengono divulgati in maniera impeccabile. Molto bella la decadente “Messe Noire”, mentre “Ora Pro Nobis Lucifer” è costruita su un riff sostanzialmente semplice ma di totale effetto, che mette in piedi un pezzo impattante, carico di negatività e malvagità. La title track è immensa. Un testo fantastico, una progressione -un groove- monumentale, con un ritornello che è pura adorazione di satana, con le strofe corteggiate lascivamente da tetri inserti di tastiera, da un basso contorto che con le chitarre crea un arpeggio che è una condanna all’eternità tra le fiamme. Stupenda, marziale e piena di gloria agli inferi anche “Ben Sahar”, mentre la conclusiva “O Father O Satan O Sun!” riassume l’idea del disco intero, offrendo melodie profonde, assoli, concetti estremi, gloriosi, marziali, violenti. Decisamente un ritorno immenso per questa simbolica band. Nergal nelle sue dichiarazioni, riesce -come solo lui sa fare- a definire in modo perfetto questo album, il suo titolo, questa espressione artistica: “è come un fottuto chiodo nella mano di gesù cristo. Punto.”. E l’ascolto di questa opera altro non fa che confermare questa meravigliosamente satanica visione della spiritualità.
(Luca Zakk) Voto: 9/10