(Indie Recordings) Ventesimo anniversario per questa band Norvegese capitanata dal vocalist Dolk (in passato anche batterista), membro anche dei rinati Mock. “Djevelmakt” è il sesto album, affiancato da vari EP o singoli. Siamo in territorio black metal con influenze folk, nel filone pagano. Elettronica a parte ci sono delle similitudini con i grandiosi Windir, anche se i Kampfar hanno una componente forse più violenta, aggressiva, feroce. Queste nuove otto tracce sono molto godibili, coinvolgenti e dimostrano una maestria nella composizione, in quanto tutti i riff e gli arrangiamenti riescono sempre a colpire, a lasciare il segno, a rimanere impressi. Spesso la classica impostazione black metal viene interrotta con sapienza da varianti che includono strumenti non convenzionali, voce pulita e molti altri dettagli ai confini dell’ambientale che Dolk e compagni riescono a fondere perfettamente assieme. La opener “Mylder” è un perfetto esempio: è brutale, guarda al black per linee vocali e blast beat; ma la straziante voce pulita sconvolge l’atmosfera supportata da un riffing quasi epico, mentre l’intermezzo ambientale da origine a ritmiche pesantissime e molto coinvolgenti. “Kujon” è basata su un riff cadenzato decisamente letale, riff sul quale sono costruite tutte le ampie varianti proposte. Trionfale “Blod,Eder og Galla” che ricorda in un certo senso alcuni episodi (i migliori) dei Dimmu Borgir (ma senza il pesante fattore sinfonico). Capolavoro “Swarm Norvegicus”: lenta, ottimamente orchestrata, amplificata da un growl supremo e lacerante che urla un testo veramente bello. Perfetta “De Dødes Fane” con quel tempo rallentato, pesante, graffiante che improvvisamente sfocia in una violenza ritmica inaudita. Veramente valida, anche se relativamente breve, “Svarte Sjelers Salme” che ancora una volta vanta diversi cambi di tema costruiti su una tendenza sempre epica ed inneggiante. L’album è presentato da una copertina suggestiva (del pittore polacco Zdzisław Beksiński), che secondo lo stesso Dolk riassume i contenuti dei testi, che pur non essendo visti in un contesto di concept album, seguono comunque una certa tematica riassumibile nel concetto di “condanna”; anti religione, realtà, sogno, libertà come individui, libero arbitrio e tutte le relative domande esistenziali. Ed è esattamente questo quello che trasmette l’ascolto dell’album: un profondo viaggio nelle disparate componenti dell’io, dell’esistenza, di ciò che ci circonda.
(Luca Zakk) Voto: 7,5/10