(High Roller Records) Ho un rapporto decisamente complicato con i Cloven Hoof: ricordo ancora le litigate con altri defender in occasione dell’uscita di “Eye of the Sun”, ormai otto fa, che qualcuno giudicò un capolavoro, ma che a me sembrò di una piattezza allucinante… beh, dopo un lunghissimo stop, e naturalmente con altri infiniti cambi di formazione, Lee Payne prova ancora una volta a risuscitare la propria creatura, stavolta sotto l’egida della High Roller Records. Il risultato? Preso in sé discreto, preso in relazione a “Eye” decisamente migliore, ma considerato rispetto ai dischi degli anni ’80… meglio lasciar stare e passare ai brani più significativi. “Call ot the dark Ones” mantiene un vago mood saxoniano, ma con qualche cambio di tempo (ad esempio sul refrain) e una aggressività abbastanza moderna. Martellante “Helldiver”, che inclina quasi nel power/thrash, mentre “Brimstone and Fire” può ricordare alcune cose degli Angel Witch (ma sempre con una produzione potenziata e aggiornata). Potente il riffone di “Valhalla”, che contiene anche alcune pregevoli variazioni chitarristiche, mentre “Premature Burial” sembra avere addirittura qualcosa degli Helstar. Difficilmente, però, i vecchi fans si affezioneranno a un finale come “Austrian Assault”, che sembra indulgere nel modo più scoperto e pacchiano a certe sonorità di cassetta. I Clooven Hoof hanno decisamente virato verso sonorità più accattivanti della buona vecchia NWOBHM (Joe Whelan, il loro attuale cantante, è peraltro un talento emergente del pop britannico…): come li giudicheranno i defenders non lo so, io mi limito a dire, da recensore, che “Resist or serve” non è affatto un cattivo album, ma non è neanche un capolavoro.
(Renato de Filippis) Voto: 7/10