(Spinefarm Rec./Universal) Acidi, come sempre. Sperimentali e perduti, come sempre. Cosa mai è cambiato negli Electric Wizard dal lontano album omonimo di esordio ad oggi? Si, cambi di formazione. Allora erano un trio Jos e gli altri, poi le cose sono andate in modo diverso. Lo stile? Bah, francamente no. L’elettricità che serpeggia nei loro pezzi e la lisergica attitudine restano qualcosa che nelle diverse stagioni della loro esistenza sono sempre apparse. Sia in “Come My Fanatics….”, “Witchcult Today” e tutti gli altri sono l’espressione di una concezione artistica del doom e dei suoi meccanismi e dei propri derivati che arrivano a livelli stellari, immensi, senza tempo. L’old style, la patina di acido, le melodie arcaiche e tremule, sono croste che ricoprono una montagna sonora invalicabile, eterna, immensa, perduta. Quattro anni dopo “Black Masses” e con una nuova coppia ritmica (Clayton Burgess dei Satan’s Satyrs e Mark Greening dei Ramesses, anche un ex), Oborn e Buckingham riversano ondate di morte, groove, durezza e malinconia sui propri fans, sulla scena. Nel mondo. Gli Electric Wizard aprono le danze di un nuovo rituale sonoro, scandito da momenti davvero intensi e lugubri, come nella conclusiva “Saturn Dethroned”. Calano una scala di morte e decadenza immense. Incommensurabile tutto questo nel fuzz snervante e catastrofico del brano “SadioWitch”. Tuttavia ogni singolo pezzo, nove in totale per questa nuova e spaventosa opera, è una storia sonora, un affresco di note e distorsioni incantevole e terribile insieme per un doom metal psichedelico e cerimoniale.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10