(Svarga Music) Moniker apparentemente ispirato al nome di un fiume dei monti Carpazi per un pagan black metal che vede l’ottimo debutto di questo trio proveniente dall’Ucraina, formatosi nel 2012 e con alle spalle solo un demo; Interessante l’evoluzione, visto che l’idea originale era di suonare un black atmosferico, il quale si è poi ottimamente evoluto ad un qualcosa di più complesso e ricco, pur mantenendo una bellissima caratteristica ambientale piena di sensazioni. Pagan, black, ed atmosfera dunque: prima di tutto è molto ben visibile quel legame con la terra di origine tipico di tante realtà del genere; infatti il titolo del disco e pure i nomi delle tracks sono in lingua madre (quindi con caratteri cirillici) ma è immediatamente chiara la voglia di emergere, tanto che la copertina stessa propone anche la versione inglese. Meritevole idea, che rende immediatamente internazionale la band, senza dover per forza rinunciare alle proprie radici che in questo genere sono sempre un valore aggiunto. Puramente atmosferico il brano di apertura, “In the Icy Embrace of North”, quasi un lunghissimo intro dove suoni inquietanti e ululati dei lupi descrivono perfettamente una terra fredda, buia, piena di segreti e misteri. Misteri descritti con la seconda traccia, “Mysteries of Darkness” la quale rivela le ottime capacità della band, ed anche del buon vocalist che propone un growl intenso, poderoso, non distintivo ma certamente efficace. Il pezzo è trionfale, ha un ritmo sostenuto e diffonde un costante senso di decadenza e disperazione. “Wherever the Stars…” dopo un inizio veloce e crudele riesce a trasportare con qualità verso una sezione atmosferica tipicamente symphonic black, ma molto ben costruita. Ancora symphonic con “Wings of Sorrow” che oltre al riffing intenso offre quelle linee di tastiera quasi spaziali, perfette per arricchire la resa globale del pezzo. “Memory Of Ages” è potente, piena di rabbia e crudeltà, forse il pezzo più ricco di cattiveria dell’intero disco. Ma è verso la fine che appare un crescendo qualitativo notevole: Stupenda “To Heroes”, con le sue melodie, i suoi cambi riflessivi ed il suo svilupparsi verso un contesto glorioso e trionfale, mentre la conclusiva strumentale title track esalta la buona registrazione (strumenti molto ben definiti) ed in un certo senso mi fa ricordare certe divagazioni dei Windir, in un contesto a cavallo tra symphonic ed atmosferico/ambientale. E’ veramente ottima questa traccia e dimostra il gusto e la capacità nel songwriting di questi giovani artisti. Le fredde terre dell’est ancora una volta dimostrano che in quei luoghi c’è una nuova orda di blacksters, i quali rispetto ai movimenti originali offrono una visione nuova, ricca di dettagli diversi, dovuti a ispirazioni diverse, sempre convincenti e veramente di qualità.
(Luca Zakk) Voto: 7/10