(The Ajna Offensive) Misteri della scandinavia, della Svezia in questo caso. I Mortuus si formano, come duo, nel 2003. Ma solo nel 2007 arriva il debutto. Poi il silenzio. Ed ora, dopo sette biblici anni, giunge il secondo album, questo enigmatico “Grape of the Vine”. Un album che trasuda black metal riflessivo, quello più lento, subdolo, tagliente, micidiale… quel black metal che bands come i Dark Fortress hanno saputo portare a livelli sublimi. C’è molta nebbia, molta decadenza, in questi quasi cinquanta minuti. E’ un costante percorso che si snoda tra paesaggi desolati, con un avvolgente odore di cose -una volta viventi- bruciate, di vite cessate. E’ un percorso nel terrore, nella paura, direttamente -ma lentamente- verso la fine assoluta. “Disobedience” offre molto di questo orrore, canalizzato su concetti che si sviluppano su improbabili riti oscuri, marziali. La title track ha un riff coinvolgente che imposta una cadenza funerea, una marcia verso gli abissi. Ottimo il vocalist, con un growl poderoso, tetro, tragico. Avvolgente quel senso di trionfo mortale di “Torches” che poi si estende con una ulteriore eliminazione di concetti di speranza e vita su “Sulphur”. “Nemesis” è gelida, crudele e per certi versi porta a ricordare i Satyricon. La conclusiva “Tzel Maveth” mostra in maniera più chiara il gusto melodico della band: melodia che viene sapientemente dispersa su espressioni macabre, riff decadenti, ritmiche introverse. I Mortuus nonostante la lunghissima pausa non hanno assolutamente perso lo stile: rimangono fedeli a quella creazione di atmosfere asfissianti che troviamo nel precedente “De contemplanda Morte; De Reverencie laboribus ac Adorationis”, ma questa volta la qualità è aumentata nettamente, l’album è suonato in maniera più creativa ed è capace di trasmettere perfettamente ogni emozione con cinismo e mancanza di pietà. Una esaltazione della mancanza di luce, delle atmosfere tetre, abbandonate, prive di speranza.
(Luca Zakk) Voto: 7/10