(Moribund Records) Ventiduesimo album? Pazzesco. Io in realtà conto qualche unità di meno di quanti elencati in cartella stampa: in realtà sarebbero di più (circa 35) ma sono pochi quelli effettivamente pubblicati; ma è indubbio che il progetto siciliano Vardan è un qualcosa di implacabile, senza sosta, senza riposo. Questo è il primo disco del 2015. Mentre scrivo ho già sottomano il secondo. E sono passati solo due mesi dall’ultimo capodanno. Quanto odio ha da esprimere questo oscuro e misterioso artista? “Verses From Ancient Times”, rispetto a “The Woods Is My Coffin” e “Enjoy of Deep Sadness”, è molto più black. Più diretto. Più essenziale. I riff sono stupendamente tradizionali, trasudano malvagità la quale viene esaltata dal growl di Vardan, qui più intenso, spietato, crudele. La release presenta quattro tracce (numerate), tutte molto lunghe (l’album dura 36 minuti…), tutte inneggianti ad un black originale, primordiale, una perfetta esaltazione del male assoluto. Idee melodiche molto interessanti, con un riff che assume forme perverse sulla prima traccia “I”, la più lunga (oltre 11 minuti). Fantastico quel feeling trionfale, quelle remote tastiere, quella cattiveria pura e assolutamente nera. Anche “IV” offre emozioni decadenti: leggermente più breve della precedente, include ed esalta la componente trionfale, pur spingendo su un black essenziale, perverso, con un drumming pulsante ed in un certo senso maledettamene vintage. E’ stupendo ammirare la creatività costante di questa one man band, sulla scena dal quasi un ventennio. Ucciderei per sapere sapere a quali demoni ha venduto l’anima. Assolutamente fantastico!
(Luca Zakk) Voto: 7,5/10