(Red Cat Records) Molto giovani e seguiti con attenzione, di recente per loro spazio su un importante quotidiano nazionale. Queste poche affermazioni per sottolineare la bontà e il consenso che circonda i fiorentini Finister. I quattro si esprimo con il rock di base, suonato in modo parzialmente diretto, perché spesso edulcorato dall’aggiunta di alternative, psichedelia, dark a testimoniare quanto la voglia dei quattro sia portata a creare variazioni e aperture improvvise. Musicalmente i Finister si lanciano coraggiosamente verso melodie imponenti e rifiniture particolari, gestite in buona parte dalle tastiere di Orlando Cialli, anche sax. Se “The Morning Star”, opener di “Suburbs of Mind”, è la prova di quanto scritto, la seguente “Bite the Snake” spariglia immediatamente un sound fruibile, chiaro, ammantato di un tipico riff rock che si ingoia senza difficoltà. Questa canzone, scelta anche per un videoclip, è un ottimo singolo, ha un’anima easy e spiega come i Finister sembrino essere il prodotto di un’ipotetica o forse improbabile collaborazione tra Jack White e Brett Anderson. Essere rock significa anche sapere mostrare un lato romantico o comunque non segnato dall’elettrificazione sconquassante delle note. Ecco dunque che “The Way (I Used to Know)” abbassa i toni del rock ruvido, gli stessi quasi placati in “My Howl”, canzone che sarebbe troppo Muse, salvo poi nella sua parte finale perdersi in una spirale di ipnotica acidità da fine anni sessanta. Il retaggio psichedelico e del rock di molti decenni fa è un ottimo bagaglio che rinforza l’impianto compositivo, evitando alla band di soffermarsi su soluzioni dal basso minutaggio. I brani si assestano tra gli oltre quattro minuti e mezzo e i quasi sei e oltre, segno dunque che i Finister ne hanno di cosa da suonare e dire. Il dire poi è qualcosa che spetta a Elia Rinaldi, anche chitarra, ideale voce di questi pezzi ben ritmati, tonici, ricchi di energia e di sperimentazione. Voce che sale e scende nei toni e che se migliorasse la pronuncia dell’inglese arriverebbe a un livello maggiormente caratteristico. Le melodie spregiudicate , fresche, oppure sognanti, quelle cristallizzate attorno a suoni che sembrano un laboratorio sperimentale (a caso viene da citare il bridge finale di “Levity”) sono il piatto forte dei Finister e alla Red Cat lo hanno capito immediatamente.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10