(Century Media) Dopo il singolo dello scorso agosto il quale, con brutalità, annunciava il ritorno di questa band tedesca, ecco finalmente il full length! Una band emersa a fine anni 80, con all’attivo solo tre album prima dell’oblio… del silenzio… interrotto l’anno scorso… l’anno della rinascita. Una rinascita non certo facile visto che già a dicembre il singer Marc Grewe ha lasciato la band a favore di Karsten “Jagger” Jäger (dei Disbelief). Però c’è una cosa da dire: Jagger sarà simile al timbro vocale di John Tardy… ma si tratta di quel timbro vocale infernale, una vera manna per questi quarantasette minuti di violenza death! Musicalmente i Morgoth non hanno bisogno di spiegazioni: diretti, poderosi, capaci di integrare momenti di tremolo pungenti a ritmiche cadenzate spezza-ossa, senza mai dimenticare anche la velocità e la brutalità di esecuzione. Certo, non c’è molto di nuovo in un genere che nei decenni ha detto già molte cose, ma sentire materiale come questo nel 2015 regala una sensazione di freschezza, di rinascita, di micidiale concetto musicale che ancor oggi riesce ad essere deflagrante, devastante, mortale. La band è capace di offrire anche molta melodia, assoli ben fatti, bridge che uccidono incastrati tra riff che lacerano, mentre il vocalist vomita senza alcuna pietà tonnellate di odio e disprezzo. E’ proprio il vocalist che si fa notare, anche in confronto al singolo: la versione di “God Is Evil” di agosto cantata dal vecchio singer è da confrontare con la nuova versione nella quale la traccia vocale è stata rifatta dal nuovo elemento: più brutale, più profonda, molto meno “grezza e thrashy”, molto più tombale, con quel gusto schifosamente death metal. Se Grewe potrebbe cantare bene anche generi thrash, Jagger è condannato al death metal… una condanna che non può che far felici i seguaci di questo genere. Travolgente “House Of Blood”, esaltante “Voice Of Slumber”, melodica “Snakestate”, progressiva “Black Enemy”. La strumentale title track fa cenno al black metal, non dimentica melodie intense condite da oscuri assoli ed apre per l’ottima “Nemesis”, una canzone ricca di perversione, con un riff magnetico ed un bridge micidiale. “Prison In Flesh” inietta suoni melodici in riff privi di pietà, con momenti che sembrano avvicinarsi ai mitici Death, mentre la conclusiva strumentale “The Dark Sleep” è atmosferica, teatrale, perfetta per chiudere questo esempio di ottimo death metal. I Morgoth non deludono: non ci hanno fatto aspettare tutto questo tempo per prenderci in giro. “Ungod” è esattamente quello che ci voleva!
(Luca Zakk) Voto: 8,5/10