(Doomentia Records) Questo, secondo, lavoro dei Horn Of the Rhino non è facile da descriverlo, di certo è una legnata sulla nuca. Il legno di questa sprangata è variegato. la setssa Doomantia parla di Bolt Thrower e Asphyx, e fin qui nulla di scabroso, anzi non sarebbero gli unici con queste due influenze particolari, ma cita anche Soundgarden e Black Sabbath! Riavvolgiamo il nastro e andiamo per ordine. “Grengus” ha una velocità sostenuta che effettivamente ricorda un equilibrio stabile tra i guerrieri Bolt Thrower e gli Asphyx (di “Last One On Earth”), le distorsioni, il sound, la voce di Gàlvez che ricorda proprio quella di Van Drunen primi anni ’90. Nella sostanza però la band incarna intensamente anche una sottobosco stoner/sludge (particolarmente in “Brought Back”, dove si sintonizza con Phil Anselmo, i Mastodon, gli Sleep e roba simile). L’iniziale “Under the Hoof” è la vera apocalisse, la ventata malsana che trafigge l’anima dell’ascoltatore. La batteria di Gil scansiona colpi, sprigionando onde rozze e grigie, mentre il basso di Robles smalta con vernice rancida e carica di muffa ogni singolo istante delle canzoni. Le influenze dei baschi si odono, si tastano canzone dopo canzone, come un inverno che ricopre ogni cosa. “Grengus” è un vortice di ombre all’interno di un abisso di mastodontico heavy, sul quale ciglio ondeggiano in bilico suoni, incubi e tempeste. Ma è tutto un mondo accattivante.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10