(Reclamation Recordings/Ipecac) Qual è la vostra opinione sui Faith No More? Chi scrive li trova adorabili, almeno fino a poco prima del 28 marzo del 1995, giorno in cui l’uscita di “King for a Day… Fool for Life Time” fece capire ai fans che Rod, Bill e i due Mike avevano perso qualcosa con l’uscita dal gruppo di Jim Martin, proprio durante le lavorazioni dell’album. Martin con i FNM si è dimostrato uno dei chitarristi più potenti del circo metal. Quando partiva a suonare la sua Gibson Flying V era una roccia. Ma i FNM e Jim non potevano continuare ancora a lungo insieme. Quell’album è stato più o meno gradevole, rappresentava comunque una nuova direzione, con canzoni più quadrate e semplici e prive di sperimentazione e crossover. Una direzione forse perfezionata con “Album of the Year”, ma a conti fatti le due release erano deboli rispetto all’inventiva mostrata in precedenza. Dal 19 maggio c’è una buona notizia: non tanto che il nuovo album dei FNM è sul mercato, quanto che “Sol Invictus” rappresenta qualche passo indietro, cioè un arretramento stilistico che tocca parzialmente il 1992, cioè “Angel Dust”. Con “Sol Invictus” siamo proprio vicini a quel clima. Quel modo di suonare che sembra voler mischiare e consolidare cose eccentriche, quel tenere alta la tensione con qualche lavoro del drumming un po’ di gomito oppure giocandolo in stile percussioni. La notizia meno eclatante è che Patton non si inventa niente e francamente va già bene così, visto che la sua inventiva e l’ardita ambizione di misurarsi in più cose a volte lo hanno visto sconfinare in atti più o meno deboli. Gould suona il basso, come ha sempre fatto, e il suo peso è ben equilibrato dalla produzione. I ricami di Roddy Bottum sono onnipresenti e addirittura John Hudson suona con qualche cenno di enfasi in più, diciamo più “alla Faith No More” (ma non alla Jim Martin) rispetto a quanto fatto in “Album of the Year”. Ricompare quella quella solida incoscienza che ha sempre contraddistinto la band, vedi “Rise of the Fall” o “Motherfucker”, il singolo che ha anticipato “Sol Invictus”. Il primo impatto lascia un po’ freddi, ma servono pochi ripassi per sentirsi confortevolmente punzecchiati da un carnevale sonoro al quale si è abituati. Sembra mancare – a parer di chi scrive – qualche vero ‘hit’, ma possiamo farne comunque a meno. Sopravviveremo, noi. E loro?
(Alberto Vitale) Voto: 7/10