(Apostasy Records) Ritornano a distanza di sette anni dal precedente “The Dying Wonders Of The World” gli Svedesi The Duskfall, band dedita ad un death metal melodico di stampo Scandinavo. Con una line up fortemente rimaneggiata, in cui è rimasto come membro originale il solo chitarrista Karl Sandorf, la formazione Svedese effettua una sterzata stilistica, passando da un death metal melodico affine agli At The Gates, a sonorità ulteriormente melodiche che richiamano gli In Flames post “Whoracle”, che sfociano inevitabilmente nel metalcore, genere di cui il combo capitanato da Anders Friden è indubbiamente precursore. Questa scelta, se da un lato può aumentare l’accessibilità e l’appeal della band, dall’altro la porta ad imbracciare uno stile fortemente inflazionato, dal quale solo pochi gruppi con un minimo di originalità potranno emergere. Il difetto principale dei Duskfall è proprio una mancanza di idee, quel qualcosa in più che permetta ad essi di distinguersi da una miriade di altre formazioni, tutte dotate di grandi capacità tecniche e ben prodotte, ma indistinguibili l’una dall’altra. L’album parte subito bene con “To The Pigs”, caratterizzata da un riffing veloce e brutale, ben sostenuto dalla potente sezione ritmica, per un pezzo che rimanda agli At The Gates di “Slaughter Of The Souls”. Le cose cambiano con “Farewell”, brano che riassume un po’ tutte le caratteristiche della nuova direzione musicale dei The Duskfall: melodie ariose e ruffiane al limite del pop, irrobustite da alcune accelerazioni di stampo thrash, con un’alternanza continua tra vocals estreme e parti pulite da parte di Magnus Klavborn, ex cantante degli Engel, che anziché elaborare uno stile personale, sembra voler clonare il più possibile lo stile di Anders Friden, contribuendo a rendere ancor più anonima la proposta musicale. I brani si susseguono seguendo più o meno lo stesso canovaccio, lasciando un po’ di amaro in bocca, per il semplice motiv0o che i The Duskfall sono buoni musicisti, ed i brani non sono male; ma la sensazione di già sentito pervade ogni singola nota di “Where The Tree Stands Dead”.
(Matteo Piotto) Voto: 5,5/10