(Satanath Records) Un progetto che (ri)unisce Russia ed Ucraina, considerata la provenienza dei due artisti che lo compongono. Sono in giro da soli due anni, ma questo è già il secondo lavoro, terzo se consideriamo anche un EP, le cui quattro tracce sono comprese in questa release che arriva così a 13 brani per un totale di un’ora e venti di black poderoso, intenso e in un certo senso non proprio convenzionale. Il drumming è forsennato, creativo, tecnico; le linee vocali sono uno scream privo di vita che offre spazio a teorie corali occasionali. Ma è il concetto musicale a fare la differenza: le tastiere ci sono, ma non sono certamente usate secondo i canoni “sinfonici”. C’è l’uso di altri strumenti a corde. Le linee di basso sono intense… ed il risultato finale guarda al folk, senza chiamarlo in causa, strizza l’occhio al post, senza mai abbracciarne lo stile: l’unica definizione accettabile è -forse- un compromesso tra avantgarde e prog, sempre in chiave black. I pezzi sono ricchi di cambi improvvisi, quasi un susseguirsi di atti teatrali diversi… e l’esempio è la title track la quale dentro i sui nove minuti e mezzo, rivela la genialità di questo duo. Ma sono molti i titoli coinvolgenti, particolari, come l’intensa “Farther And Farther” o la complessa “Hospice For All”. Un disco ricercato, a partire dalle tematiche che in questo caso sono ispirate ai lavori letterari e filosofici di Jean-Paul Sartre e Albert Camus, quest’ultimo collegato alla corrente filosofica dell’assurdo (da cui il titolo). Un disco complesso, sempre avvincente ma mai scontato o comune. Non di facile approccio, ma sicuramente estremamente godibile se l’ascoltatore non è alla ricerca di semplici riff e canzoni ma piuttosto di un complesso sviluppo di concetti, scene, atmosfere, pensieri: un’opera teatrale assurda, contrapposta, di fine ed intelligente laboriosità.
(Luca Zakk) Voto: 8/10