(Svart Records) Album oscuro, lento, tetro, perverso. Ma dannatamente monotono. Quel velo di oscurità costante -inizialmente attraente- che annega linee vocali eteree, sospirate, con riff melodici, decadenti: il lato malato del doom e del dark, ma senza un limite autoimposto. Certo, le idee sono ottime: i temi estremi trattati, le soluzioni della registrazione, gli aspetti unici e l’estrema personalità. Ma tredici tracce spesso lunghe (ce ne sono da oltre 10, 15 minuti) per un totale di quasi un’ora e mezza di questo sound, forse è troppo. C’è sicuramente coinvolgimento mentale, l’ascoltatore viene catturato e trascinato in un mondo perverso ed assurdo, ma musicalmente siamo su limiti difficili da fruire: i riff grintosi e taglienti sono monotoni, mentre le soluzioni melodiche ed atmosferiche -molto valide- si dilungano troppo portando appunto… alla monotonia. Un vero peccato, perché su canzoni come “Cold Descent”, “Ash To Flesh” e “Gather” ci sono momenti entusiasmanti, indimenticabili e molto magnetici. Ma siamo al tragico confine tra arte pura -sicuramente ciò che il duo inglese sa creare- e fruibilità per l’ascoltatore, anche quello esperto e lontano da concetti commerciali. Sicuramente un disco che può essere goduto trovandosi in particolari stati d’animo, molto estremi e compromessi: probabilmente gli stessi che hanno portato a questa composizione.
(Luca Zakk) Voto: 5/10