(Altare Productions) Un debutto dall’Austria con un profondo gusto Norvegese il quale converge in un black intenso, potente, malinconico ed a tratti depressivo. Un album estremamente coinvolgente, non scontato, nemmeno immediato, tanto che richiede tempo, attenzione, dedizione per avvolgere totalmente con quell’aura decadente, sofferta, meravigliosamente ricca di tristezza. In un certo senso la difficoltà iniziale viene travolta da una forma musicale attraente, quasi catchy, che sfocia in una sorta di romanticismo tetro il quale cattura ed ipnotizza anche grazie alle divagazioni strumentali interposte tra (quasi) ogni brano, o grazie a tutti quelli arpeggi proposti in perfetto stile DSBM. Il disco è quasi un concept, molto ispirato alle “Rauhnächte”, ovvero le notti delle festività di fine anno (da natale a epifania) le quali, storicamente e mitologicamente, nonché a livello di superstizione, sono ricche di magia, di atmosfera surreale ed offrono l’apertura degli accessi agli inferi, la liberazione verso questo mondo di spiriti ed antiche divinità. Sogni, credenze, superstizioni, profezie… tutte immagini perfettamente descritte nella potenza espressiva di “Symbolismus”. Devastante “Auf Totenritt durch Innernächte”, la quale è costruita su un riff molto ispirato a “Mother North” dei Satyricon, ma qui con una evoluzione più decadente e lacerante. Fantastica “Gestaltenwandler”, un pezzo tirato, crudele ma anche pieno di melodia e riff trionfali, fortemente mitologici, i quali sfumano con maestria in qualcosa di mortalmente depressivo verso quel fantastico finale. La title track è intensa ed ancora una volta dimostra che la scuola Satyricon è molto presente, anche se la canzone è più fedele ad un sound norvegese tradizionale. Bivalente anche “Nauthiz Notfeuer”: propone infatti della ferocia che approda in qualcosa di melodico ed estremamente malinconico. La chiusura dell’album è la sofferenza imprigionata nell’ottima “Wo der Nachthimmel sich aufspreizt”, canzone che arriva fino ad un contesto vagamente sinfonico. Un album avvincente, molto ben suonato, con ottime idee. Ma è immancabile quella sensazione di arte acerba, ancora in piena fioritura e priva di personalità distintiva: troppo spesso, infatti, si sentono palesi richiami ad altri act famosi (Satyricon in primis) e la delicata divisione tra originalità e copia rischia di essere fragile, instabile. Comunque questi richiami sono molto ben gestiti, sviluppati con maestria e garantiscono quasi un’ora di totale mancanza di luce: le tenebre assolute delle “Rauhnächte”.
(Luca Zakk) Voto: 7/10