(Comatose Music) Ritornano gli Antropofagus e una band con un nome del genere non può che diventare un vero incubo, nel sapere che è ancora in giro! A quanto pare Metagrinder (chitarra) è l’unico rimasto dal debutto datato 1999, così si è tirato dentro Jacopo Rossi al basso (Nerve) e Davide “Brutal Dave” Billia (Putridity, Septycal Gorge) alla batteria e la voce è quella di Tya, un animale dal growling infernale. “The Architecture of Lust” è furia cieca ed assassina, è brutal death metal senza svilimenti di sorta, senza annacquamenti e senza compromessi. Le chitarre sono lame affilate che sminuzzano tutto, mentre la batteria (ammesso che sia quella e non una mitragliatrice caricata a granate) scandisce i tempi e l’andatura dei pezzi. Questi sono potenti, veloci, infernali, esplosivi, brutali, ma legati insieme da una produzione che non nasconde nessuno strumento o passaggio di questo album. Gli Antropofagus sono potenza e lo sono personificandosi come belve feroci che popolano un labirinto, dal quale uscire vivi è una scommessa. Nella tempesta che va da “Architecture of Lust” fino a “Det Helgerån Av Häxor”, si mettono in evidenza proprio quest’ultima e “Sadistic Illusive Puritanism”: due esempi di come gli Antropofagus sappiano lavorare sulle velocità degli strumenti, anche ammazzando a giri ridotti. L’album è un concept basato sugli scritti di Clive Barker e Benjamin Christensen, quindi la mostruosità è un qualcosa di latente dietro ogni nota.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10