(Red Cat Records / Audioglobe) Gli Steels ai primordi si muovevano in territori hard rock fortemente influenzati dallo street. Oggi “Kleptocracy” non dimentica quella radice street, ma include anche il crossover. Questa progressione di stile è diventato carattere prima che sound, perché è appunto quello a caratterizzare questa band che sa essere estrosa e comunque ancora in una fase di incubazione. Fiori che sbocceranno ancora più colorati e solidi, un giorno. Gli Steel Flowers oggi arrivano a qualcosa di veramente concreto, cioè un album che ha il pregio di combinare alla musica un concept. La band è un agglomerato hard rock con una serie di influenze guadagnate, sentite, vissute sulla propria pelle. Street rock, funk, hard rock, southern, goth rock e progressive, il tutto condito da qualche buona canzone che sa toccare l’ascoltatore nel modo giusto. Due chitarre e un basso, la tastiera, batteria e la voce, sono gli elementi che caratterizzano un sound che invoca sperimentazioni dei primi anni ’90 (i Living Colour, i Jingo De Lunch ad esempio), riportando il tutto con un vivacità energica e brillante. Una registrazione appena un po’ ombrosa, contrassegna i suoni, evitando che questi siano artefatti e di plastica. La cosa rende il sound della band ben riconoscibile e personale. Riz al microfono, canta in un modo a dir poco svogliato, nervoso, assonnato oppure carico di adrenalina e passando attraverso toni alla Axl Rose. Eppure è Riz a cantare ed è l’unica consapevolezza che resta all’ascoltatore. Di cosa racconta Riz? In sostanza della nostra società, all’interno della quale le masse sono forzatamente orientate e soggiogate nel pensiero, con un aspetto inatteso: l’individuo, qualcuno, forse la stessa band, combatte per un rifiuto a tutto questo. Voi volete combattere?
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10