(Moribund) Album diverso della one man band Vardan. Nella vasta ed intensa discografia di questo progetto, mai si sono raggiunti abissi così profondi, così oscuri, così pericolosi. Album lento, un down tempo lacerante, ricco di melodia, di arpeggi che trasudano disperate emozioni. È proprio l’espressività emotiva il punto forte di questa release: la rabbia diventa dolore, l’odio diventa rassegnazione, e il growl arriva a toccare un superlativo pianto, un’interpretazione del vocalist probabilmente al di sopra di qualsiasi sua performance precedente… anche al di sopra di moltissimi singers dell’attuale scena DSBM, sia essa strettamente undeground, oppure visibile e “nota”. Prendono forma rudimentali assoli; le melodie dominano quella chitarra dal suono mortale; basso e drumming sono intensi ma accompagnano lungo quella strada senza ritorno. La prima traccia (i titoli sono freddi numeri progressivi) è sorprendente: lunga, lunghissima, piena di sentimenti, quasi se l’intero dolore umano convergesse in questi diciotto minuti di negazione della speranza. Ossessiva la seconda traccia, più graffiante e tirata la terza e conclusiva. Le frequenti pubblicazioni di Vardan hanno un filo conduttore: un costante crescendo stilistico, artistico, compositivo, emozionale e pure esecutivo. “From the Pale Moonlight”, con “Between the Fog and Shadows”, è probabilmente il livello più alto raggiunto da Vardan, un artista che prosegue senza guardarsi mai indietro, senza pentimenti, fedele al suo credo, al suo amore per la decadenza infinta. Parlare di underground inizia ad essere restrittivo, ingiusto e decisamente fuori luogo.
(Luca Zakk) Voto: 9/10