(Solitude Productions) Tutto di questo disco è acido, a partire dalla copertina verde fluo. Stranamente stiamo parlando di una band russa, che poco ci azzecca con il genere proposto, vale a dire uno Stoner fortemente influenzato dal Doom scandinavo stile Reverend Bizarre. Sei tracce più l’intro strumentale di ben 7 e rotti minuti per una proposta musicale atipica anche per il genere proposto. Possiamo infatti riscontrare nel platter suoni inusuali pure per un’opera Stoner, ossia elementi tribali, percussioni, flauti di pan e ogni genere di suono che possa rimandare alla natura atavica e selvaggia dell’uomo. Il cantato è ridotto all’osso ma quando parte fa sentire i brividi di un potente growl che quasi va a stridere con la natura “bucolica” del disco. La chitarra e la batteria sono quanto di più settantiano si possa sentire in circolazione, mentre il basso tira fuori un carattere e una ecletticità più che benvenute. Un album da avere senza indugi…
(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 8,5/10