(Season Of Mist) Album numero sette per i titani colombiani Blackster Inquisition. E credetemi, dovete leggerlo in internet che sono colombiani, perché suonano esattamente come dovrebbe suonare una band di Black norvegese. La Season Of Mist è stata per loro quello che la Century Media è stata per i Watain. Un’etichetta coraggiosa, per nulla intimorita dal pericolo di snaturare la natura underground di tali realtà artistiche nel momento in qui l’approccio diventa con loro più, passatemi il termine, professionale. E gli americani non hanno tradito tale fiducia. L’album è Inquisition al 100%. Son loro, ma con un suono leggermente sgrezzato. Non troppo eh, ma la produzione alle spalle si sente eccome. Certo, è il secondo album per questa etichetta, ma diciamo che il precedente andava preso come un rodaggio. Tredici tracce malefiche e infernali, rituali e pagane, dove non ci sono compromessi. Qui si fa musica nera e nel nero si resta finché non si toglie il cd dallo stereo. Ogni traccia è a se una piccola gemma di musica underground, pure l’intro e le due outro. Lo scopo è essere blasfemi… e lo scopo è stato raggiunto, perché questi probabilmente credono in quello che scrivono. Imprescindibili.
(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 9/10