Horna. Band finlandese. Già questo riassume la stranezza di un paese che non segue alcun schema… che non ha uno stile ‘proprio’ come potrebbe essere la Norvegia… ma che sintetizza generi e stili, creando un caleidoscopio tetro di follie malate, spaziando tra i generi, le epoche musicali… un paese che può dare vita a stelle pop, a doom d’autore, a psichedelico deviato, death metal supremo, gotico maestoso, revival anni ’70, ri-esplosione anni ’80 ed una miriade di altre varianti che, nella nostra semplicità umana, riassumiamo con la vasta ma riduttiva parola “musica”.
Gli Horna sono una band black metal. Ma non il black metal “normale”. Non quello dell’immaginario collettivo. E nonostante le loro tematiche si riassumano in satanismo esaltato, paganesimo profondo, occultismo allucinato, con profonde dosi di malvagità ed oscurità, gli Horna non hanno nulla a che fare con il black metal convenzionale. La musica è diversa. L’immagine è diversa. L’atteggiamento è diverso.
Ma andiamo con ordine.
Da quanto non venivano in Italia gli Horna? Credo un bel po’… forse due o tre anni, credo dall’epoca della release di “Hengen tulet”. Sono tornati in questo Maggio uggioso, dalle temperature imprevedibili per riscaldare fino alla morte il pubblico e, prima del loro irriverente spettacolo, hanno deciso di tirarsi dietro tre bands italiane, tutte concepite per dare vita a rituali occulti o offese perverse.
Eternal Samhain. Seguo questa band dagli inizi. Erano dei ragazzi, e sono cresciuti. E molto. Sono reduci dalla release del loro primo full length (recensione qui) ed dal loro primo tour internazionale. Un po’ penalizzati da problemi tecnici, hanno comunque saputo tenere alto il livello qualitativo della musica e dell’immagine. Sento ancora la mancanza del tastierista sul palco, in quanto penso che sia essenziale per il loro brillante symphonic black, ma ho percepito una evoluzione immensa di ogni musicista, ed in particolare del singer Taliesin… non solo come atteggiamento onstage ma, e specialmente, nella qualità ed efficacia del suo caratteristico growl.
I Veratrum sono una garanzia. Grandi musicisti con una originale impostazione scenica. Anch’essi un po’ penalizzati da problemi tecnici e di salute (mi è stato detto che questa data era l’unica delle tre previste alla quale sono effettivamente riusciti a partecipare). Uno spettacolo efficace, non il loro migliore al quale ho assistito, ma sicuramente sincero, senza fronzoli, diretto ed impattante.
Oltraggiosi i Kurgaall. Nella marea di bands black, famose o meno, loro non mimano, non recitano, non appaiono. Sono esplicito satanismo. Sono osceni. Volutamente inquietanti, brutti, cattivi e malvagi. Un tripudio di croci sottosopra, di bestemmie verso ogni divinità che non regni negli inferi. E, a quanto pare, il loro pubblico, l’ammasso di esseri deformi a loro devoti, adora questo esternare dosi eccessive di odio verso religioni monoteistiche non pagane, tra l’altro impersonate in terra da illustri esseri mortali, falsi dei, emerite santità le quali, stando alla blasfemia dei Kurgaall, dimenticheranno la loro terrena vita di gloria quando saranno spinti da orde di demoni alla mercé di sua oscurità L’Innominabile.
Gli Horna sono assurdi. Un cross over tra una black metal band ed una deviazione marcia dei Motörhead, stivali di cuoio e vestiti stracciati, rock’n’roll e riti occulti, un’immagine trasandata ma superbamente infernale… con un immenso rituale perpetrato da Spellgoth, la bestia che fronteggia gli Horna da quasi una decina di anni, una creatura strana, inverosimilmente orribile ma diabolicamente perfetta, brutta, intenzionalmente ripugnante ma magnetica, attraente, un demone rinchiuso in un mosaico di tatuaggi osceni che creano disagio, da dentro dei quali questo perturbatore di anime scruta intensamente, con quegli occhi incredibilmente azzurri, con fare esaltato, palesando devozioni deviate, un’atteggiamento colpito da una improbabile luce divina assorbita dalle labirintiche cavità infernali, viscere di una terra malata, di un corpo putrefatto, di una dimensione priva di speranza.
Dopo una serata simile, non conta l’alcol, il volume, il sangue che le varie bands hanno fatto scorrere sul palco. Semplicemente o muori colpito dalla colpa dei tuoi peccati o ti senti cosmicamente vivo. Esci dalla venue, esci da un Colony incendiato dalle gelide fiamme degli inferi, fumi una sigaretta, ti bevi un caffè, saluti amici, un cenno ai conoscenti… e te ne vai verso casa. O, almeno, ci provi. Ma l’energia che ti scorre in vena non ti lascia dormire, non ti dà pace: un concerto che al suo termine non ti appaga, non ti rende felice per l’allegra serata nel nome del divertimento, inneggiando agli inferi. No. Sei animato da uno spirito strano. C’è quella forza. Essenza della bestia. Esplode un’energia. Il sonno svanisce. Ti senti possente. Sveglio. Reattivo. Iper-recettivo. Ripensi a quegli occhi azzurri brillanti di luce accecante ma circondati dal marcio, dal sangue, dall’odio e dal sudore. Energia oscura. Inconcepibile. Nel segno del Pentacolo.
(Luca Zakk)