Buon natale.
Mentre voi festeggiate un dio proveniente da terre oggi ostili, almeno secondo la cronaca quotidiana, il dio di una religione parente di quell’altra avversaria, un dio di una religione basata su violenza e sangue, tortura e schiavitù, mentre vi scambiate simboli di consumismo nel nome di un dio povero, davanti ad un albero pagano, mentre mangiate avidamente infischiandovene del più povero che muore di stenti e che la vostra religione suggerirebbe di aiutare, mentre il vostro massimo leader (capo in italiano, führer in tedesco…) predica imponendovi ideali che lui stesso non rispetta… noi siamo qui che rievochiamo la gloria terrena (sottosuolo – dove ci sono gli inferi- compreso) di una giornata indimenticabile.
Il 2 Dicembre 2017.
Black Winter Fest. Circolo Colony.
DECIMA edizione.
Un fest strano. Un fest che immancabilmente attira strane attenzioni: il fest dei pericolosi, un fest estremista, un fest oltraggioso, di parte… un fest ‘questo’, un fest ‘quello’.
Ma in un paese, il nostro, nel quale ai (numerosi) concerti l’affluenza è sempre al limite della bancarotta per quei poveri ‘cristi’ (oggi è il loro compleanno?) che eroicamente organizzano, in un paese dove la partecipazione ad un concerto significa cliccare ‘parteciperò’ sui social, in un paese dove andare ad un concerto con 5 bands significa arrivare intenzionalmente alla fine, per gli headliners, ignorando la passione e l’arte degli altri 4, in un paese dove ci si lamenta dei 15 euro d’ingresso per una serata con 4 band metal toste e vere ma si pagano volentieri biglietti da 100 per vedere i soliti super big ormai troppo pop, ormai lontani dall’essenza e la purezza che li ha fatti nascere e resi poi famosi… in un contesto così deprimente… io, finalmente, ho visto la luce. La luce in fondo al tunnel.
Black Winter Fest 2017, Decima edizione: per prima cosa un fest che arriva alla decima edizione è un grande fest. Non accetto obiezioni.
Non si arriva alla decima edizione di una cosa così grossa se non c’è un riscontro, una conferma, un successo.
Questa edizione, simbolica e celebrativa, ha visto una importante affluenza già dalla prima delle nove band schierate… per arrivare ad un ‘fottutamente pieno’ già a metà pomeriggio. Nove ore di musica estrema, potente, scenografica, intensa, cattiva, grintosa, graffiante, spettacolare.
Nove ore di musica VERA.
Di passione VERA.
Ovviamente c’è chi s’è lamentato: sui social, su altre webzine o testate, in loco durante il concerto. Quali erano le lamentele?
Le solite di quelli che non si sanno divertire, che non si lasciano andare, che hanno fretta, che non riescono ad entrare in sintonia con l’evento.
Set list di tale band non in linea con preferenze personali. Troppe band. Troppo poche. Biglietto troppo caro, troppo economico. Troppa coda per bere. Vorrei far presente che se 700 persone dall’alzata del gomito facile decidono di bere una birra nello stesso momento, la coda è ovvia. Basta aspettare, scherzando, facendo casino, con la sete che cresce garantendo un ulteriore piacere alla conquista del desiderato bicchiere. All’Oktoberfest però nessuno si lamenta quando c’è da aspettare…
L’altra lamentela era relativa alla presenza di presunti nazisti, fascisti, estremisti, estremisti di qualsiasi estremo, gente con simbologie contorte, gente dai gesti compromettenti, saluti proibiti, saluti romani. Uffa. Ovviamente sarebbero sorte lamentele anche nel caso di saluti cristiani, saluti omosessuali, saluti di sinistra, saluti di destra, saluti di tifoserie nemiche, saluti leghisti, saluti cinquestellini… insomma se non c’è una ragione per le lamentele in Italia qualcosa ci inventiamo di sicuro. È importante lamentarsi, di qualcosa, meglio se di tutto e tutti.
Ma io sono del parere che ognuno può fare ciò che vuole, fintantoché non opprime o disturba direttamente il prossimo. E, parlando di fasci e svastiche, personalmente non ho proprio visto nessuna spedizione punitiva, nessuna deportazione o qualsivoglia nefandezza tipica di regimi estinti. Non ho visto nulla di tutto ciò fuori dal Colony, dentro il Colony e nemmeno nel backstage. Che poi uno faccia il saluto romano, si vesta in un modo, nell’altro, che uno si addormenti sui divanetti mentre suonano i Satanic Warmaster, o che si metta a pisciare dento il lavandino nei bagni mentre suonano gli Impiety, o che semplicemente vomiti dove gli capita mentre Nattefrost distrugge il palcoscenico… sinceramente, a me non può fregare di meno. Fanno parte degli effetti collaterali di settecento esseri umani in stato di trance impaccati dentro un locale per nove ore filate…
Che figata!
È heavy metal. È black metal. È normale lamentarsi se la gente ci guarda male quando passeggiamo in centro con anfibi, catene, giubbotti, toppe, croci rovesciate o acconciature che non aiutano molto se ci si deve proporre per un posto di lavoro in banca. Ci si lamenta per essere considerati strani, diversi, cattivi o emarginati (suvvia, dopotutto ci piace!)… e poi si è i primi a puntare il dito verso qualcuno con look diverso, gusti diversi, credenze o convinzioni diverse…
Io personalmente odio ogni schieramento politico, odio il fanatismo di qualsiasi tipo (sociale, sportivo, politico o religioso) e odio ogni religione. Ho anche poca simpatia per gli esseri umani ad esser sincero. Ma rispetto la gente che si fa gli affari suoi, che non mi disturba direttamente e che esprime i suoi ideali o il suo fanatismo in modo innocuo, lasciandomi in pace a gustarmi il concerto come piace a me.
Io non ho visto un festival fascista. Non ho visto un festival proibito o pericoloso. Non c’era nessuno che marciava militarmente cercando di sovvertire il sistema.
Io ho ‘solo’ visto nove ore di musica, una fila di artisti che si avvicendavano sul palco per poi mescolarsi con il pubblico, diventandone parte, alimentando la passione e il divertimento.
Ho visto un Black Winter Fest che conferma la sua grandezza, la sua formula azzeccata, la sua determinazione ad andare avanti, contro ogni pronostico, contro ogni credo, contro ogni convinzione e contro ogni dito puntato contro.
Ho visto una luce in fondo al tunnel della disperazione della scena underground nel mio, vostro, nostro paese.
Era una luce luminosa e nera.
Un festival Black Metal immenso, impeccabile, organizzato alla perfezione, puntuale, efficace, sfarzoso.
Un fest concepito, disegnato e progettato per una sola ragione: LA PASSIONE PER LA MUSICA.
(Luca Zakk)