(Music in Stone) Con colpevole ritardo Metalhead si dedica al nuovo album degli Antimatter: la creatura di Mick Moss ha ormai raggiunto una maturità artistica che nessuno può mettere in dubbio, e anche se “Black Market” non è la prova migliore della band, che a mio giudizio ha dato il meglio di sé con “Planetary Confinement” e “Leaving Eden”, siamo comunque ad altissimi livelli, che altre formazioni non possono neanche sognarsi di raggiungere. “The third Arm” ricostruisce il tipico sound della band, quella sorta di atmospheric dark rock avvolgente e drammatico, da qualche parte fra Anathema dell’età di mezzo, Porcupine Tree e Pink Floyd degli anni ’80; in questo caso, nella struttura in crescendo sono fondamentali i synth. Moss si concede qualche sperimentazione in più, in maniera sempre efficace: nell’incalzante “Wish I was here” intervengono anche dei flauti; “This is not Utopia” si chiude con un solo di sax. Lo stato di salute degli Antimatter di oggi si può vedere dalla lunga “Sanctification”: una canzone che prima respira lentamente e poi investe l’ascoltatore (c’è di nuovo il sax) con una cascata di suoni che sanno di rabbia repressa ed emozioni soffocate. “Existential” incorpora elementi che fanno pensare al Medio Oriente, mentre la sommatoria del disco e del sound è certamente “Between the Atoms”, che contiene (senza dire falsità) tutti gli elementi finora citati! Un macigno di collera soffocata e disperazione disillusa, per tutti coloro che ancora stravedono per le sonorità dark inglesi.
(René Urkus) Voto: 8/10