(Diamonds Prod.) Dopo l’ultimo disco “Metalmorphosis”, che in realtà non era l’ultimo (leggete la recensione e capirete…), giunge negli stores il quinto album degli Athlantis: line-up ancora rivoluzionata, in quanto ora dietro al microfono c’è Davide Dell’Orto (Drakkar), e alle tastiere siede Stefano Molinari. Su una base di italian power metal, distinguibile in modo chiarissimo, i genovesi continuano a sperimentare con criterio, spostandosi in alcuni frangenti verso l’hard’n’heavy, e in un paio di occasioni proprio in territori hard rock. Arrembante la opener “Letter to a Son”, dove si notano subito l’interpretazione arrembante di Davide e l’ottimo assolo di Pier Gonella; arcigna “Heaven can wait”, molto su toni hard rock “Forgive me”, mentre “No Pain no more” è una ballatona sentita e drammatica, ma dal refrain forse un po’ ‘stiracchiato’. Grintosa “Lady Starlight”, mentre il riff di “Reborn” ha qualcosa di sabbathiano, anche se poi il pezzo torna al power, peraltro con un grande solo di Pier Gonnella. La titletrack inserisce invece anche l’hammond e varia ulteriormente i percorsi sonori del combo. Un disco che esalta la gloriosa tradizione di Vision Divine, Labyrinth, Athena e compagni ormai in via di estinzione…
(René Urkus) Voto: 7,5/10