(Nuclear Blast Records) Per qualche strana ragione attendo sempre con ansia un album degli Amorphis. Deve essere un riflesso automatico causato da un abbinamento a sensazioni di piacere. Piacere provato molti anni fa, quando svoltarono dal death metal per abbracciare quello stile estremamente personale, estremamente identificativo, rappresentativo della band, della terra di provenienza, delle tematiche coperte dalle canzoni. C’era il precedente cantante, artista che ritengo fantastico. Poi ci fu la svolta. Avvicendamento al microfono. Un nuovo performer che però non scrive i testi, un puro interprete, anche se certamente un ottimo interprete. La musica diventò più dura. Perse quei suoni più dolci e progressivi, quasi vintage, tornò ad offrire growling in dosi maggiori. Il risultato fu ottimo, lo è tutt’ora, ma ha perso quell’originalità, quell’unicità. Ciò nonostante la mia emozione continua ad essere speciale ogni volta che questi Finlandesi propongono un lavoro nuovo. Anche se non offrono più quella musica che tanto mi coinvolse, continuano ad creare prodotti di altissima qualità, caratterizzati da sonorità particolari, emozionanti, con esecuzioni perfette e produzioni impeccabili. Questo “Circle” rimane sullo stile degli album con Tomi Joutsen, da “Eclipse” in poi. Nel tempo percepisco un progressivo indurimento, il quale porta “Circle” ad essere un disco molto heavy, con riff micidiali, creati con maestria e sapienza, ed amalgamati con quelle atmosfere così estremamente Finlandesi che regalano tutta quella malinconia in chiave metal. Si tratta indubbiamente di un altro album degli Amorphis. Concetto dannatamente vicino al dire che si tratta (ancora) del solito album degli Amorphis. Non prendono rischi particolari nemmeno questa volta, anzi, si muovono su un terreno noto, conosciuto. Sicuro. Lo fanno con intelligenza. Con immensa qualità. L’album non può che risultare molto bello, molto godibile, ricco di dettagli intensi, con una produzione semplicemente esemplare. Tra le tracce più riuscite di questo concept album, sicuramente merita una citazione particolare “Mission”, con quel riff vagamente folk e quel cantato indovinato, grazie alla sublime interpretazione di Tomi. Malinconica e molto azzeccata la bella “The Wanderer”. Folk esplicito in “Narrowpath”, un pezzo non particolarmente distintivo, ma sicuramente di grande effetto. Un’altra grande canzone che racchiude anche molti dettagli dell’epoca stilistica precedente è sicuramente “Into The Abyss”, che vanta anche un assolo molto bello, un assolo da sentire in una notte d’estate sotto un cielo stellato del nord. La seguente “Enchanted By The Moon”, stupenda, riesce a mantenersi sugli stessi livelli, dispensando ulteriori sensazioni magiche. In conclusione, dopo qualche decina di ascolti, mi ritrovo con “un altro” lavoro di questa band mitica. L’undicesimo. Ottimo, valido, ma forse leggermente privo di quel qualcosa in più, un album che sembra creato per rispettare un contratto con l’etichetta, piuttosto che dare l’impressione di essere scaturito dall’ispirazione degli artisti, i quali comunque riescono (ancora!) a comporre canzoni coinvolgenti e di altissimo livello tecnico, concentrate in un album che comunque non può mancare alla collezione.
(Luca Zakk) Voto: 7/10