(Vic Records) Addirittura un album che unisce Rogga Johansson alle chitarre e basso e Paul Speckmann alla voce: una sciccheria! Rogga “10 album all’anno” Johansson è un’autorità nello swedish death metal vecchia maniera che propone, appunto, di continuo con diversi progetti (Paganizer, The Grotesquery e altri) e che ora con l’evocativo titolo di “Sulphur Skies” accoglie Sua Maestà Paul Speckmann, il signore assoluto dei Master, ma permettetemi di citare anche gli Abomination, una sua manifestazione che ho sempre adorato. Completa questi cieli sulfurei un amico di Rogga, tale Brynjar Helgetun, batterista con The Grotesquery e Ribspreader. Dodici pezzi di puro e sostanziale death metal con le tipiche, canoniche, inossidabili chitarre distorte che ricordano Grave, Dismember e Entombed e mille altre band venute dopo. Death metal corrosivo, ma anche manipolato in qualche altro verso, ad esempio “Taste the Iron” si avvicina proprio ai Master più che alla scuola svedese, ma sono concessioni dovute, ovvie e comunque la canzone non è l’unico esempio (c’è anche “Vile Stench and Decay“) di death metal all’americana. Dal canto suo Paul al microfono canta con una tonalità sforzata, seguendo l’incedere del riffing e senza mai cascare in fallo. Impressioannte le ritmiche di Brynjar, in particolare come adopera la doppiacassa (e come è stata registrata, cioè senza troppo eccedere nei trigger). Mostruoso. Sapete bene in cosa potete incappare in questo album, se conoscete la filosofia compositiva di Johansson, il quale sembra essere il vero ideatore del materiale fatto di death metal intransigente, datato e naturalmente illustre, visti i personaggi.
(Alberto Vitale) Voto: 7/10