(Autoproduzione) In Italia c’è qualcuno che vuole anteporre le nostre radici storiche per arricchire il metal del quale si fa portatore. Accade con i Tuchulcha (si legge tukulka ) di Volterra. La band proviene dunque dalla patria (non l’unica in Italia) degli etruschi e il nome, quello “di un demone etrusco dell’oltretomba e la sua raffigurazione più nota è quella della Tomba dell’Orco a Tarquinia”, catalizza quel discorso storico di cui si è scritto sopra e che meglio enfatizza un death metal poderoso, molto probabilmente anche un tantino old style, il quale evita di finire in apoteosi tematiche celtiche, nordiche, barbariche e via dicendo. Gli etruschi, popolo misterioso, di loro non sappiamo ancora molto, ma i Tuchulcha sanno farsene una ragione e darsi argomenti e un’immagine che ne fa riferimento. Death metal molto robusto, la sezione ritmica è un vero tappeto, anzi un muro che cinge il sound delle chitarre dal timbro cupo e con una vena di groove che pervade gli accordi. Eviterei di fare riferimenti o similitudini con band più illustri anche per via di una certa omogeneità sonora in questo “Legions of Etruira”, cioè i pezzi sono blocchi di granito: squadrati, duri, possenti, rocciosi. Poche concessioni alle melodie e ottuse cavalcate muscolari, accelerazioni con quelle tipiche cantilene death metal declamate dalle chitarre. Il risultato finale è appunto una certa omogeneità, una massificazione del sound e delle composizioni che rende “Legions of Etruira” un’architettura imponente e squadrata. Tuttavia non ho provato noia nell’ascolto, sarà perché, mi ripeto, il riffing ha un taglio classico, quindi adatto a chi predilige questo aspetto, e non vive di cose moderne, salvo per quel groove che serpeggia ovunque, sarà per il drumming puntuale a sottolineare le diverse variazioni, il risultato è quello di ricavare una discreta considerazione per questa band toscana che è riuscita a produrre (con Alessandro Sportelli e Alessandro Paolucci al West Link di Cascina) un album nitido. Si, occorre qualche canzone più caratterizzante, come le incursioni nel thrash di “Memory Stone” e le variazioni di “Cult of the Dead”, per evitare di sentirsi dire che sono solo muscoli e poco cervello a causa di un sound dall’impatto poderoso.
(Alberto Vitale) Voto: 6,5/10