(Metal Blade/Audioglobe) Sono sicuro che questa recensione farà arrabbiare qualcuno… ma andiamo con ordine. Sono un discreto fan degli Amon Amarth, forse mi sono perso qualche uscita ‘minore’ ma i loro full-length li conosco tutti, e il vinile dell’ultimo “Surtur rising” sta in bella mostra nella mia collezione. Però non sono un fan sfegatato, uno disposto a perdonare tutto ai propri beniamini, e devo dire che oggettivamente gli svedesi non hanno cambiato di una virgola il proprio sound almeno da “Fate of Norns”, quando, nel death melodico quasi puro degli esordi, si innestarono gli elementi epici e power che tutti conosciamo e apprezziamo. Ora, ce la prendiamo sempre con i Manowar, con gli Iron Maiden, con i Nightwish, che da dieci, venti, trenta anni suonano sempre la stessa musica, e a mio giudizio facciamo bene; ce la prendiamo con gli epigoni-fotocopia che suonano esattamente come la tale o talaltra band, e anche qui secondo me facciamo bene: gli Amon Amarth dovrebbero essere immuni da queste critiche solo perché sono vichinghi e cattivi? Onestamente metà della scaletta di “Deceiver of the Gods”, dedicato a Loki, il dio malvagio della mitologia nordica, mi suona assolutamente già sentita. Allora posso andare a cercare i pezzi che mi hanno convinto, e cantarvene le lodi… ma è possibile ridursi a questo con una formazione così influente ed amata come gli Amon Amarth? Non dovrebbe, questo, essere un grosso campanello d’allarme? La grintosissima titletrack ha già fatto due volte il giro del mondo assieme al suo riff ultraepico; “As Loke falls” presenta qualche passaggio quasi runningwildiano, di matrice folk. “Blood Eagle” si regge su cori possenti ed evocativi: naturalmente, il tema del brano è il sanguinosissimo rituale norreno. “Hel”, infine, vede la partecipazione di Messiah Marcolin, ed è sicuramente il brano che, con le sue atmosfere torbide e a tratti horror, si diversifica dal resto delle canzoni in scaletta; non ho altro da segnalare, dato che pure gli otto minuti della conclusiva “Warriors of the North” non mi hanno colpito. I miei colleghi di internet e della carta stampata si sono espressi in termini molto positivi, e rispetto il loro punto di vista: ma secondo me questo “Deceiver of the Gods” mostra chiaramente una certa stanchezza degli svedesi, ormai prigionieri del proprio sound, della propria immagine e delle proprie tematiche.
(Renato de Filippis) Voto: 6,5/10