Stavolta MetalHead vi offre più che una intervista: quella con gli Emian PaganFolk si è trasformata in una lunga e piacevole chiacchierata che presenta in modo esaustivo non solo le attività, ma anche la filosofia di questa band. Buona lettura!
Salve ragazzi, complimenti per “Aquaterra”! Almeno di adozione sono campano anche io e quindi vi faccio subito la domanda fondamentale: quanto è difficile suonare il vostro genere nel nostro sud Italia?
Grazie Renato! Il problema non è suonare questo genere nel Sud Italia, il problema è suonare dal vivo in Italia! Tra musicisti si nota sempre più quanto siano in calo le richieste di esibizioni live un po’ ovunque. La nostra categoria è spesso sfruttata dai gestori dei locali che pretendono che il musicista non faccia solo il proprio lavoro, ma anche quello del PR e del mediatore economico, se così si può dire. Si è poco tutelati e sottopagati, per lo meno i musicisti considerati “emergenti” anche se fanno questo lavoro da una vita.
Per quanto riguarda noi, è vero che abbiamo scelto un genere cosiddetto di nicchia, ma a quanto pare c’è un mucchio di gente a cui piace e che pagherebbe oro per far sì che questa musica fosse ascoltata più spesso anche alla radio. Dobbiamo ammettere che, dalla nostra nascita come Emian, ci sta andando abbastanza bene, suoniamo quel che basta anche se ci piacerebbe fare di più.
Siamo artisti indipendenti, non abbiamo etichetta discografica o manager per cui molte date le prendiamo contattando direttamente gestori di festival o locali e nei casi più fortunati veniamo contattati; autofinanziamo qualsiasi operazione inerente al gruppo, dal videoclip alla produzione del disco… Stiamo puntando su quella che potrebbe essere un’alternativa al commercio che circonda la Musica e molti amici ci aiutano e ci sostengono in questo percorso.
Altra domanda particolare: secondo voi, un sito metal come MetalHead.it dovrebbe o no ospitare una recensione del vostro disco? E se sì, perché?
E perché no? A dire il vero tutto parte dalla musica folk. Esistono generi come il folk e il Celtic Metal che non fanno altro che trattare le stesse tematiche (ballate, storie antiche o fantastiche…), per non parlare del prog e del power metal. Molti metallari si interessano ad una certa tipologia di folk e la apprezzano. Famoso poi è il binomio tra fantasy e metal. Forse è presuntuoso affermare questo, però molti di loro vedono nel Metal una sorta di continuum moderno della musica folk. Spesso si utilizzano strumenti appartenenti al genere (cornamuse, ghironde, la stessa arpa…) come nel caso degli Eluveitie, gli Arkona, i Tyr, i Cruachan… Vengono utilizzate lingue popolari o antiche come il Gaelico o il Latino. Le liriche del folk metal riguardano paganesimo, natura, fantasy, mitologia e storia.
Veniamo adesso, più canonicamente, a una presentazione della band e delle sue recenti attività…
Il progetto Emian nasce inizialmente come duo, dall’incontro tra Anna ed Emilio. Si sono conosciuti in una bella giornata di Febbraio a CasaCuma, una comune di musicisti/artisti a Cuma (Na). Si sono innamorati e stando insieme hanno deciso di unire le comuni passioni musicali in questo progetto che ufficialmente vede la luce il 21 Dicembre 2011, giorno del solstizio d’inverno.
Il 17 Marzo 2013, giorno di San Patrizio, dopo essersi esibiti in un locale, conoscono Danilo. Già da tempo, tra Anna ed Emilio, si discuteva della volontà di ampliare o meno l’organico. Anche lui condivideva lo stesso interesse per le sonorità Irlandesi, Pagan Folk e Celtiche. La settimana successiva già faceva parte del progetto.
Durante le riprese del secondo videoclip ufficiale, fanno la conoscenza di Martino, vecchio amico di Danilo, che si è aggiunto alla band a Marzo di quest’anno (2014), periodo in cui avevano deciso di ampliare la formazione con un quarto elemento.
Veniamo al disco: ad Aprile di quest’anno abbiamo pubblicato il nostro primo lavoro discografico, “AcquaTerra” appunto, preceduto dall’uscita di due videoclip, “Mother’s breath” e “The last King’s march”, entrambi visibili sul nostro canale YouTube.
Adesso siamo in attività con l’AcquaTerra Summer Tour. Abbiamo iniziato l’11 Luglio partecipando ad Art’in Mostra, prima edizione di un festival di artisti di strada tenutosi alla Mostra d’Oltremare di Napoli e proseguiremo con altre tappe in Campania, Puglia, Lazio, Basilicata ed Emilia Romagna dove saluteremo l’estate con il Ferrara Buskers Festival. Il calendario è in continuo aggiornamento.
Certo, “Aquaterra” presenta anche suoni mediterranei, ma il più mi sembra orientato verso il celtic folk… come mai vi dedicate a sonorità che, almeno geograficamente, dovrebbero esservi piuttosto lontane?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare assolutamente una premessa. Inizialmente ciò che ci ha ispirati a scegliere la ‘musica Celtica’ è stata la passione per la musica folk. Tutti e 4 veniamo da culture che tramandano da generazioni canti e musiche appartenenti a delle zone specifiche del Sud Italia. Emilio viene dal Salento dove famosa è la pizzica, danza che veniva utilizzata come esorcismo per liberare le energie sessuali femminili in una danza evocativa della femminilità. Anna, Danilo e Martino provengono dalla Campania, luogo in cui è molto sentita la tradizione delle tammurriate e di altre danze che si dice provengano dai rituali dedicati a Cibele, antica dea Madre della Natura che veniva venerata in Campania dai primi popoli che hanno abitato questa terra. A Napoli c’è stato il culto di Iside in tempi antichi e ancora oggi, con la stessa Madonna, continua a tramandarsi questa forte cultura della Dea Madre. In Irpinia ci sono stati anticamente culti della Dea Mefite, divinità delle acque, altra rappresentazione della Dea Madre venerata dai Sanniti.
Ciò che ci ispira, a distanza di due anni, a fare musica e più precisamente ad orientarci verso il PaganFolk è continuare a portare avanti questo piccolo mondo Pagano, attraverso sonorità che in qualche modo lo evocano ancora nelle persone che ci ascoltano. Il nostro bagaglio cultural/popolare ci spinge a fare ricerche anche in altre culture cercando di afferrarne una radice comune. Noi lo facciamoattraverso la musica, che è il linguaggio più diretto e sincero. Ciò non toglie che in futuro potremmo inserire anche pezzi o linguaggi musicali che appartengono alla nostra Cultura folk.
Parliamo ora dei due brani che mi hanno colpito di più nel disco, “Haughs of Cromdale” e “The last King’s March”…
“Haughs of Cromdale” parla di un fatto storico realmente accaduto nel 1690 sulle piane di Cromdale, in Scozia. Si narra che il testo sia la testimonianza di un cronista dell’epoca che ha assistito alla vicenda e l’ha riportata fedelmente. Successivamente i propagandisti Giacobiti hanno fatto, di questo reportage, una canzone, invertendo però l’esito della battaglia, facendo diventare vincitori (esercito reale Inglese) i vinti (i Giacobiti). Ci piaceva l’idea di mettere in musica questo risvolto comico, nonostante la crudezza dell’evento, rendendolo come un brano da taverna. In effetti se ci pensiamo la guerra è solo il palcoscenico in cui tutta la stupidità e l’egoismo dell’uomo va in scena.
Per quanto riguarda “The last King’s march” ci siamo ispirati alla storia del grande Re Irlandese Brian Boru, personaggio storico realmente esistito, che ha perso la vita a seguito di una battaglia contro un’invasione Danese nel 1014. Uno dei brani di questo set è Brian Boru’s March, marcia funebre scritta per lui dopo la sua morte e che si tramanda da secoli in Irlanda e al di fuori di essa; l’altro è Monaghan jig, una bellissima giga Irlandese della contea di Monaghan. Musicalmente abbiamo lavorato su un piano simbolico. Nella parte centrale di tutto il brano abbiamo volutamente inserito un canto Sciamanico, per rendere omaggio al grande sacrificio degli ultimi capi tribù Indiani (d’America). L’idea era quella di racchiudere in un unico brano l’idea del Re Uomo che si batte per il suo popolo, per la salvaguardia della sua Terra natia, appunto per questo gli abbiamo dato come titolo “La marcia dell’ultimo Re”.
Molti dei vostri brani sono riproposizioni di canti e ballate tradizionali… in che modo vi ponete nei confronti di questo retaggio folklorico? Cosa significa per voi, nel 2014, reinterpretare questi pezzi?
Ci poniamo in maniera molto rispettosa, proprio perché è una cultura che non ci appartiene direttamente. Cerchiamo, come dicevamo prima, di cogliere un sentimento di comunione tra noi e quelle culture lontane, la spiritualità insita nei brani, il messaggio contenuto, il sentimento che ne viene fuori.
Per noi reinterpretare questi brani è come fare un viaggio nel tempo. A chi non è mai venuto da dire ‘a me sarebbe piaciuto nascere in un’altra epoca’? A noi è successo molte volte, da piccoli così come da grandi. La musica che abbiamo scelto ci permette questo, di immaginare come sarebbe potuto essere il ritmo, le melodie, le danze di tanto tempo fa. È un po’ come sognare ad occhi aperti, crearsi la propria favola passata nel presente. La macchina del tempo è stata inventata, secondo noi ed è la Musica! Far incontrare il nostro presente con il passato ha qualcosa di magico e fantascientifico. Insomma, suonando questo genere non sentiamo più i rumori delle auto, la presenza dei computer e ci ritroviamo in radure verdi e paesaggi incontaminati e ameni.
C’è anche un messaggio religioso dietro la band? Vi fate promotori di qualche corrente new age o new pagan?
No, non ci facciamo promotori di nessun messaggio religioso né di nessuna corrente di alcun tipo, anche se il termine ‘religione’ porta con sé un significato più ampio che forse può ispirare un modello di vita (Religione: da ‘religio’, prendersi cura di qualcosa; considerazione o cura riguardosa; aver riguardo). Riguardo al nostro genere, il pagan folk, ci teniamo a fare una piccola precisazione: è un termine abbastanza recente ed è utilizzato per connotare tutto quel folk che ha relazioni con la cultura Pagana, non propriamente nel senso religioso, sarebbe una scelta del singolo musicista, ma in un senso più generico che si ispira a quei valori legati al rispetto e all’amore verso la Natura. Il pagan folk si pone come sostenitore del concetto della Madre Terra che va amata e non usurpata fino all’ultima sua risorsa.
‘Pagano’ era un termine usato per definire anche quelle persone che non appartenevano al mondo civilizzato, coloro che per scelta o per povertà vivevano nelle campagne, al di fuori del caos cittadino. Questa definizione, di conseguenza, porta con sé tutte le altre accettazioni del termine e le attività che ne conseguono: coltivare, procreare, celebrare i passaggi importanti dell’anno, scrivere, comporre poemi da portare in giro come facevano i bardi, conoscere e curarsi con le erbe… vivere in maniera più spontanea e creativa rispetto a coloro che occupavano le città e che si vedevano costretti, come tutt’oggi accade, ad omologarsi a scelte ben precise dimenticando sé stessi e l’importanza del mondo naturale che li circondava. Quello che noi vorremmo comunicare attraverso la nostra arte e la nostra musica è proprio questo: cercare di tornare a modelli di vita semplici, più spontanei, anche se capiamo perfettamente che oggi è più dura privarsi dello smart-phone o del Tablet piuttosto che delle verdure.
Ho potuto vedere in rete che siete particolarmente attivi nella realizzazione di video e filmati legati alla vostra musica! Discutiamo un po’ di questo aspetto…
Sì, è vero. Sul nostro canale abbiamo molti video amatoriali, effettuati e inviati da persone che ci seguono. I video ufficiali son solamente due.
Quello di “Mother’s breath” è nato per caso e in brevissimo tempo. Voleva essere un’anteprima di ciò che sarebbe stato il nostro primo disco e del messaggio che la nostra musica vuole portare. Abbiamo scoperto la location grazie ad un nostro carissimo amico che compare anche nel video, Alessandro. Le riprese son state eseguite da Julien Bruno sul fiume Calore, la parte che passa vicino Castelvetere (AV). Il video parla dell’ incontro tra un uomo e la Dea (rappresentata da Margò Lazàr, nostra amica e danzatrice di Tribal Fusion, che compare anche nelle vesti della Morrigan in “The last King’s march”) che danza nell’acqua, uno dei suoi elementi rappresentativi. Il messaggio presente nel video è quello dell’unione tra Uomo e Natura, unione non solo spirituale ma reale.
La preghiera Pagana cantata durante il brano è un’invocazione: ‘Che la Madre (la Dea) possa essere con te: ampio il suo abbraccio, generoso il suo ventre. Che il Padre (il Dio) possa essere con te portando con sé il suo arco di fuoco Immortale. Possa la Natura essere con te. Alberi, fiori e bestie rimanere in pace con l’Umanità’.
Non molto tempo dopo aver realizzato “Mother’s breath”, abbiamo iniziato a lavorare alla stesura di “The last King’s march”. Il soggetto è stato scritto inizialmente da Anna ed Emilio e modificato e vagliato sia con Danilo (in quel periodo eravamo ancora un trio) sia insieme a Julien che ha lavorato alle riprese in collaborazione con l’Agenzia Arpa di Cava de’ Tirreni (SA).
La storia del brano già la conosci, dunque l’idea iniziale era quella di raccontarla. Per vari motivi vi abbiamo dovuto rinunciare e lavorare su un piano simbolico. Abbiamo così inserito da principio le bambine che ritrovano la spada e ricevono questo flashback sul passato, sulla storia dimenticata. Ci sono gli Elfi, che sempre hanno accompagnato nella mitologia i grandi Re; la Morrigan, divinità che presiedeva i campi di battaglia nella mitologia Celtica; la danza della Morrigan che guida il duello tra questi due personaggi che non sono più visti come persone ma come principi del Bene e del Male che sempre si fronteggiano… l’esito dello scontro non è positivo ma c’è un messaggio di speranza: le bambine non dimenticheranno ciò che hanno visto durante il flashback e l’immagine della farfalla bianca, che vola sul luogo dello scontro, è il simbolo della purezza e del Bene che restano intatti. Tra l’altro nelle leggende della Gran Bretagna si dice che l’anima degli uomini sia come una farfalla.
Nel realizzare questi video ci siamo molto divertiti e crediamo che ne seguiranno degli altri…
Cosa bolle in pentola ora? L’estate e le rievocazioni popolari vicine e lontane credo siano un terreno particolarmente fertile per le vostre esibizioni…
Ora ci aspetta un fine luglio e un agosto molto intensi, pieni di viaggi e musica, con l’AcquaTerra Summer Tour (tutte le date sono visibili sulla nostra pagina facebook). Stiamo già mettendo da parte tutti gli ingredienti per il prossimo disco “AriaFuoco”, continuum di AcquaTerra, e pensando alla realizzazione di un nuovo video che molto probabilmente presenterà il nostro primo inedito. Amplieremo e cambieremo il repertorio e ci auguriamo di poter portare la nostra musica anche all’estero.
Abbiamo due appuntamenti importanti tra le nostre date: il 2 Agosto suoneremo a Tricase, un comune della provincia di Lecce, per attirare l’attenzione sulla problematica della 275, strada statale detta anche Maglie-Leuca. Il progetto prevede la realizzazione di una strada costituita da quattro corsie e due complanari, larga 40 metri. L’arteria sarà realizzata quasi completamente su un terrapieno, spezzando in due la viabilità rurale del territorio che insiste su antichi tracciati medievali. Contro il progetto è attivo dal 2003 il Comitato S.S. 275, formato da decine di associazioni e cittadini che per aver detto di no a questo progetto sono stati soggetti a sanzioni. Prenderemo parte a questo evento affiancando il duo Franco Nuzzo/Natalie Lithwick e l’attrice Alessandra Crocco.
Il secondo appuntamento è quello del Ferrara Buskers Festival, festival Internazionale degli artisti di strada arrivato alla sua 27° edizione. La nazione ospite di quest’anno sarà la Mongolia e per noi sarà un importante occasione di scambio e confronto con altri artisti. Suoneremo per 10 giorni toccando Venezia, Lugo, Comacchio e Ferrara. Veniteci a trovare!
Vi lascio, come da tradizione, la fine dell’intervista. Grazie per il vostro tempo e a presto!
Grazie a te, Renato, per la possibilità che ci hai dato facendoci conoscere agli amanti del Metal. Non esitate a seguirci e a contattarci sulla nostra pagina facebook ed il canale YouTube. Ci piace il confronto e lo scambio di informazioni.
Stay Folk, stay Pagan… stay Metal! \m/
(Renato de Filippis)