(Season of Mist) La magia della purezza di quell’antica lingua indoeuropea, l’Islandese. La magia di una terra misteriosa: accogliente ed attraente, ostile ed inospitale. Il profondo legame tra la sua arte moderna e la sua cultura antica. I suoni pieni di quella terra. I titoli delle canzoni che richiamano un sistema nordico di conteggio del giorno e della notte con otto parti di tre ore ciascuna (suddivisione anche romana, poi canonica, eykt/eyktir in islandese). La tristezza di una terra aspra ed oscura. L’immensità di giorni infiniti, di notti eterne. La disperazione che porta alla dedica dell’intero disco a LSK (Marianne Séjourné, la bassista di varie black metal bands francesi, come Antaeus, Hell Militia, Secrets of the Moon, Vorkreist, morta suicida l’anno scorso). Uno stormo di sensazioni, di pensieri, di suggestioni. Il quinto emblematico album di questa band diversa da tutti, lontana da tutto, criptica, personale, unica. Sono attivi da quasi vent’anni. Lineup praticamente costante. Sempre in evoluzione, sempre capaci di materializzare quelle emozioni, renderle fisiche, carnali, sanguigne… Noti nell’ambito metal, con il precedente “Svartir Sandar” arrivano ad un più ampio successo, anche grazie al fantastico singolo “Fjara”, pura poesia, pura armonia. Pura sensazione. Ma la consacrazione artistica e stilistica è oggi. Ora. In questo momento, ed in qualsiasi altro momento -da qui all’eternità- nel quale ognuno di noi spenderà un’ora della propria vita per ascoltare interamente una opera come “Ótta”. “Ótta” è un capolavoro di melodia, di creatività, di emozione. Una malinconia travolgente ed una sublime genialità nella scelta dei suoni, degli strumenti e della loro intima espressività, danno origine a queste otto tracce eccelse. Difficile resistere al coinvolgimento emotivo. Certo, i testi sono criptici per tutti tranne quelle trecento mila persone al mondo capaci di capire l’Islandese, ma la superba grandezza di “Ótta” è proprio il generare una ambiente sonoro tragico, triste, grintoso, rabbioso, nervoso, rilassante… dove i testi, i concetti, gli argomenti si materializzano nella testa dell’ascoltatore, disegnando scenari, creando mondi, generando sensazioni felici e di sofferenza. Stimolando i sensi dell’io, i sensi della vita. “Lágnætti” (mezzanotte) da l’inizio a un crescendo che si sviluppa in questa rappresentazione del giorno norreno. Dolce, armoniosa, diventa improvvisamente isterica, pulsante, per poi tornare soave, con archi e tastiere che innalzano quei freddi pendii della crudele geografia Islandese. La notte, “Ótta” è l’ora migliore: una canzone stupefacente, piena di dettagli con un riff costruito attorno ad un ipnotico banjo ed una sensazione di trionfo immensa, come se la notte fosse il momento degli eletti, il momento della magia, del mistero. Del piacere. Magnetica ed immensa “Rismál”. Travolge, cattura, strazia, eccita e rapisce la fantastica “Dagmál”. Graffiante, trasuda un grinta piena di pazzia “Miðdegi”. Oscura e potente “Nón” dove la cattiveria heavy si mescola in maniera perfetta con l’armonia di momenti intensi scanditi dal pianoforte, lo stesso che domina la struggente “Miðaftann”, prima della fine del giorno, prima del ritorno della notte, del ritorno di “Náttmál”, dove una moltitudine di sensazioni ed emozioni si mescolano e diventano parte di un rituale dominato da un organo Hammond. Registrazione stupefacente. Dettagli sonori perfetti. Cura dei dettagli insuperabile. E molta musica vera: musica che diventa spirito, che diventa pensiero, che diventa stato d’animo. Dura un’ora ma è un giorno intero. Il giorno della vita. Il giorno di una vita. Il giorno della tua vita. Il giorno delle nostre vite. Il giorno di tutte le vite. Il suono di tutte le vite, scandito lentamente, seguendo il sole, le stelle, il giorno, la notte, le nuvole, il gelo, la natura nella sua espressione più pura, più selvaggia, più autentica.
(Luca Zakk) Voto: 10/10