(Jolly Roger Records) Bruno Masulli è artista assai noto nell’underground campano: i suoi progetti non si contano e il suo stile chitarristico è facilmente riconoscibile. Evidentemente non sazio della sua attività con tante band, il nostro si lancia in una ulteriore avventura ambiziosa e originale: con “I Miti eterni” egli ci offre un epic metal cupo e crudo, dedicato a temi mitologici e di storia antica, e con i testi essenzialmente in italiano. Di certo la novità non è assoluta (basti pensare ai Rosae Crucis, che sono forse il referente sonoro più vicino), ma Bruno affronta la materia con atteggiamento quasi filologico, e se per voi l’epic metal è più quello dei Manilla Road che quello dei Manowar, in questo disco troverete pane per i vostri denti! Le due parti di “Cuma” cantano la nascita e la gloria della città campana con un metal eroico ma nervoso: il suono delle chitarre è incredibilmente tagliente e contrasta efficacemente con i cori epici, mentre la voce di Masulli alterna italiano, inglese e latino. C’è anche spazio, alla fine del secondo movimento, per una godibile chiusura acustica quasi folk. Con “Partenope”, dedicata invece alla divinità sacra a Napoli, siamo praticamente dalle parti di un epic/speed (se esiste!) arrembante e veloce. “Prologos” e “Crise” mettono invece in scena (è proprio in caso di dirlo, dato che si tratta di due brani ‘teatrali’, con larghe parti parlate) il celebre episodio del primo libro dell’”Iliade”, in cui il sacerdote Crise tenta di riscattare da Agamennone la propria figlia Criseide. Masulli mi sembra utilizzare addirittura la traduzione di Vincenzo Monti, e il risultato finale rievoca l’antichissimo epos in modo molto indovinato. Si chiude con “Ettore (parte I)”, dove i cori e l’atmosfera hanno maggior spazio. Un disco sicuramente non per tutti, sanguigno ma allo stesso tempo incredibilmente evocativo, che dà ottimamente voce a leggende poco frequentate in ambito metal. L’unico motivo per cui non c’è un voto altissimo è il risultato finale del missaggio, che spara troppo avanti le chitarre e troppo dietro la voce.
(René Urkus) Voto: 7,5/10